mercoledì 9 febbraio 2011

Gaps, nostalgicismo & via discorrendo. (Non ci vuole un altro sessantotto, ci vuole un altro Egitto)


Riflessione in seguito a discussioni varie: i gaps, non solo generazionali, ma anche e soprattutto mentali (Che poi, a ben rifletterci, sono la sovracategoria di quelli generazionali), sono -secondo la sottoscritta IvBi- un fattore da non sottovalutare MAI, scritto a lettere maiuscole, nelle dinamiche dell'attivismo sociale und culturale.
Motivi?

Secondo me, il principale è il sessantotto e i sentimenti che chi l'ha vissuto direttamente o "di striscio" (E anche buona parte di quelli che non l'hanno vissuto-ma-lo-fanno-per-sentito-dire) prova nei confronti di quelli che, genericamente, senza mettermi a fare disquisizioni storiche e stracazzi del genere, chiamerò "Eventi del sessantotto". Sentimenti che in buona parte sono legati al nostalgicismo, e al "revival storico", allo strasentito "Ci vorrebbe un altro sessantotto" (O un altro settantasette, perchè dicono pure quello).

Ora, tralasciando la critica storica del sessantotto (E io personalmente condivido la visione Pasoliniana a riguardo), sono del parere che, allo stato attuale di cose, vista l'evoluzione (O involuzione?) storica, ricreare le premesse che portarono ai movimenti del sessanta e del settanta è o del tutto impossibile o -peggio- possibile e totalmente deleterio.
Non ci vuole un altro sessantotto. Ci vuole un duemilaundici. Duemiladodici. O quello che è. Non ci vuole un altro sessantotto. Ci vuole un pointbreak che fa esplodere il movimento dagli strati più bassi della popolazione. Ci vuole (Purtroppo, aggiungerei) un altro Egitto.

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