lunedì 23 maggio 2011

Adieu, blogger! (Cambio rotta, cambio stile)

Questo è l'ultimo, ultimissimo post su blogger, il canto del cigno di "Eve B. e la Nitroglicerina".  Comunque non sparisco, non autoimplodo, non smetto di scrivere roba (purtroppo o per fortuna, a scelta di chi legge!), semplicemente inizio un nuovo progetto (Oltre a continuare a scrivere di musica per Letlovegrow).
1) Mi trasferisco da blogspot a noblogs, non tanto per motivi tecnici (Dei quali non mi intendo, personalmente) quanto per motivi "politici", di totale condivisione del manifesto di A/I (Che trovate qua: Manifesto autistici).
2) Dopo il cambio di piattaforma, "Eve B. & la Nitroglicerina" diventerà "Stati di agitazione" e oltre al nome cambierà TOTALMENTE forma. Mentre questo era ed è sempre stato un blog di riflessioni "personali" su questioni sociali e culturali, "Stati di agitazione" punterà ad essere, non più un One Woman Show, ma un progetto di riflessione ed informazione collettivo e collaborativo ad organizzazione orizzontale.

E niente, ci vediamo su "Stati di agitazione" appena sarà pronto.

giovedì 19 maggio 2011

Grillo, criptofascismo, destra & sinistra (Da Giap)

In attesa di fare il post di analisi/riflessioni sul fenomeno Grillo, linko la risposta di WM1, meravigliosa & significativissima, a una mia domanda da Giap (E di seguito tutta la discussione per chi volesse seguirla)
Giusto per conservarla.

http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4024&cpage=1#comment-5784

lunedì 2 maggio 2011

Felpe, petrolio & bombe (O "Della guerra in Libia")

Due o tre settimane fa, a differenza di adesso, alle due di pomeriggio faceva caldo. Faceva così caldo che la felpa che avevo benedetto alle sette di mattina era diventata oggetto di odio mortale, costringendomi, più che a toglierla, a tirarla via con stizza. Comunque, complici l'inerzia del viaggio in pullman Salerno-Benevento, la mia pigrizia che mi ha impedito di rigirare la felpa dal lato giusto una volta tolta e la mia abitudine a leggere tutto quello che mi capita a tiro, etichette dei bagnoschiuma comprese, mi cascano gli occhi sull'etichetta. A parte le indicazioni sul lavaggio varie ed eventuali, scopro che l'industria che ha prodotto la mia amata-odiata felpa è un'industria francese, con sede in Francia. Solo che la felpa è Made in Tunisia.
Sarà il mio complottismo, o sarà stato il sole caldo che batteva contro il finestrino rimbalzandomi direttamente sul cervello, ma non ho potuto fare a meno di immergermi in riflessioni sociopolitiche sulla Francia, la Tunisia, la guerra in Libia ecc ecc ecc.
Insomma. La Tunisia, ex colonia francese, con la quale, però, la Francia, nonostante la dittatura (Anzi, forse GRAZIE alla dittatura) di Ben Alì, continua a mantenere rapporti economici, è in rivolta, la suddetta dittatura è caduta e la Francia (insieme a tutto l'Occidente), non ha la sicurezza matematica di far rientrare la rivoluzione in canoni “comodi” economicamente e politicamente. Perciò, con Mubarak e Ben Alì già caduti, se si esclude la Siria (Che probabilmente sarà il prossimo passo della “guerra umanitaria”), l'unico dittatore che resta all'Occidente, a cui appigliarsi, per usare la solita trita e ritrita bandiera della “democrazia da esportare per salvare i popoli oppressi dalle dittatura” è Gheddafi. Quello che ha l'esercito di amazzoni, che è venuto a parlare alla Sapienza, che abbiamo accolto coi baciamani, a cui abbiamo venduto le armi, che abbiamo definito “Un leader di grande saggezza” ecc ecc ecc. Quello. (Ma non mi voglio perdere in ulteriori bagarre di politica nazionale da PD il martedì sera a Ballarò, quindi passiamo oltre.)
Un'eventuale Libia con governo fantoccio filo-occidentale (Tipo Afghanistan & Iraq, per capirci), sarebbe comoda all'Occidente, quindi, non solo per i suddetti motivi economici (Le etichette delle felpe, do you remember?), ma anche -soprattutto- per motivi politici: controllo totale e possibilità di “direzionamento” sui movimenti rivoluzionari del nordafrica. (Che poi è quello che dicevano anche Noam Chomsky qua, InfoAut qua e la sottoscritta qua in questo vecchio post).

Da non sottovalutare nella questione, anche l'effetto Fukushima. Non è un caso che la Francia abbia spinto per l'interventismo a tutti i costi SOLO dopo Fukushima. La Francia è leader mondiale nelle tecnologie nucleari. L'ondata emotiva (cit.) post-Fukushima, è quasi ovvio, farà cadere gli introiti del nucleare (Vedi la decisione della Merkel di smantellare le centrali in Germania ecc. ecc. ecc.). E quindi, che c'è di meglio che buttarsi sul caro vecchio petrolio, avrà pensato Sarkò?


E ovviamente, in tutti questi giochi politici, tra petrolio e felpe, chi lo prende in culo, è sempre la popolazione che sta sotto le bombe, chiaro.

(NOTA BENE: Non sono Julian Assange, non sono Wikileaks, né faccio la politologa. Quelle di cui sopra sono solo riflessioni mie, probabilmente sbagliate, probabilmente giuste.
NOTA BENE 2.0: A breve post su confronto tra guerra in Libia e guerra in Iraq, potere dei simboli e perchè chi prima era contro la guerra in Iraq adesso è a favore della guerra in Libia.)  

sabato 30 aprile 2011

«Le fontanelle, o Cronaca di un paese di provincia nel peggior futuro possibile»

(La prima parte è ispirata a roba realmente successa. La seconda parte, potrebbe succedere, se non stiamo attenti)

«Lo sapevate che tutte le grandi civiltà dell'antichità si sono sviluppate vicino all'acqua?»
Gianni il Gufo era l'intellettuale del nostro gruppo, un intellettuale da Bar, sia chiaro, uno di quelli -insomma- che ricordano due o tre cose da qualche documentario incrociato per caso facendo zapping e trovano il modo di infilare quelle due o tre cose in qualunque discussione, comprese quelle calcistiche.
Stavolta, però, la pseudoperla del Gufo, col discorso centrava eccome: era uno di quei frequenti discorsi-amarcord, ci mettevamo a ricordarci a vicenda tutte le mirabolanti avventure di noi cinque – io, Zampa, Pollice, il Gufo e il Corvo – più gli infiniti passeggeri, quelli che stavano con noi per un estate o due e via. Pollice era il più bravo, faceva sembrare fico anche un nascondino idiota, lo trasformava n una storia da film d'azione.
Comunque, in tutti i discorsi di questo tipo, chiunque li raccontasse, c'era un'altra presenza oltre a noi cinque: la fontanella. Probabilmente non si chiamava così, quel posto. Magari aveva un nome altisonante e pomposo, ma per noi era solo la fontanella, con l'acqua da bere e da usare per i gavettoni, le sue due panchine, il muro dietro per giocarci a nascondino e basta. 
Ma questo, era prima che arrivassero i marocchini, quegli zulù di merda: quando hanno iniziato a venire alla fontanella ci siamo limitati a studiarci a vicenda, poi una sera, una battuta di qualcuno di noi, o forse una roba detta in arabozulù da uno di loro e scambiata per provocazione da uno di noi, aveva scatenato il caos di sassi, pugni, e bottiglie spaccate. Ci hanno schiacciato e scacciato solo per superiorità numerica, sono in sette, noi in cinque.
Siamo emigrati, abbiamo trovato un'altra fontana, probabilmente più fica, più storica della nostra, ma dannazione, non era la nostra! Da allora è stata guerriglia aperta: raid e conseguenti risse, occhi lividi, labbra gonfie, nocche spaccate, scritte sui muri (Col Gufo che ci correggeva la grammatica), pisciate nelle fontane nemiche eccetera eccetera eccetera.
Qualche sociologo avrebbe definito la nostra guerriglia scontro culturale, ma in realtà di culturale non c'era proprio niente: l'insulto più colto che c'è stato? «Arabi zulù di merda!» «Non siamo arabi, siamo marocchini. E senza gli arabi avreste ancora contato con le lineette» «Fanculo, nemmeno mi piace la matematica!»
Comunque, non bastavano gli arabozulù a rompere il cazzo, adesso ci si sono messi pure i rais dell'acqua: l'altro giorno il solito gufo, in una delle sue solite sessioni di zapping, ha sentito che questi stronzi hanno deciso di togliere di mezzo tutte le fontane pubbliche perchè costano troppo, e riconvertirle in voliere per la vendita di uccelli esotici. Col risultato che, oltre a non avere più il nostro posto, non avremo praticamente più acqua da bere a meno di pagarla a peso d'oro nei supermercati, sorbirci la roba marrone che esce dai rubinetti o berci il piscio. 
Ricordo che una decina d'anni fa, quei rompicoglioni sinistroidi coi volantini insistevano con la lotta contro la privatizzazione dell'acqua, ma insomma, a chi è mai fregato un cazzo dei blablabla di quei quattro idioti? Se fossimo stati a sentirli, probabilmente sarebbe stato lo stesso, probabilmente no. Insomma, avremmo avuto qualche speranza in più, almeno.
Adesso, invece, ci tocca farci il culo per tenerci questo posto: non che non ci piacciano gli uccelli, ma insomma, li preferiamo liberi, e poi, cazzo, la fontana è la fontana (E poi i soldi per l'acqua da bere non li abbiamo e il piscio ci fa schifo). 
Abbiamo provato a fare qualcosa: scritte sui muri, incatenarci alla fontana, roba così, ma ci siamo presi solo un paio di denunce senza ottenere altro, e adesso ci tocca vedere gli uccelli in gabbia e morire di sete. 
La situazione è così critica che il Corvo non beve da due giorni e quando ci siamo visti era così debole da non reggersi in piedi, pensavo che morisse da un momento all'altro. Poi è arrivata la svolta: gli arabozulù sono passati da quelle parti, non avevamo la forza di insultarli come al solito, e quando si sono avvicinati ci siamo limitati a guardarci in cagnesco. Probabilmente volevano romperci il casso, ma quando hanno visto il Corvo semisvenuto hanno fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettato: hanno tirato fuori dalla giacca una bottiglia d'acqua e ce l'hanno data, salvando il Corvo. Praticamente la bottiglia ha fatto da Calumet della pace, dissolvendo i dissapori, lentamente ma efficacemente. E ci siamo resi conto che il nemico, a questo punto della storia, è uno solo: i rais dell'acqua. 
«Bella la scritta. Ne abbiamo fatta anche noi una uguale»
«Ma non ha funzionato, immagino.»
«No. Ce la tolgono. Anche la nostra. Cioè, vostra. Cioè, insomma. Vaffanculo nostra e vostra. »
«Finisce che moriamo di sete.»
«Dobbiamo fare qualcosa. Provarci, almeno» 
«Avrei un'idea»
L'arabozulù (Non ce la faccio a non chiamarlo così, anche se adesso siamo quasi amici), Samir, guarda la voliera e sghignazza, poi guarda tutti noi altri. 
«Aiutatemi»
Ovviamente gli abbiamo sfasciato la gabbia, facendo volare via tutti gli uccelli esotici, e gli abbiamo lasciato una roba, un cartello scritto, una roba tipo, «Se ce li rimettete e non ci ridate le fontane, continuiamo a farlo ad oltranza, stronzi»
Sono liberi, comunque, gli uccelli. E speriamo di diventarlo pure noi, prima o poi. 

(Alè & Roberta, con la partecipazione straordinaria di Camillo sulla fine, per Commons Benevento)

martedì 26 aprile 2011

«La difesa del sapere: un bene comune vitale»

(Articolo scritto per la zine autoprodotta "Diario comune", sulle tematiche dei beni comuni, a cura di Quinto Elemento, Centro Sociale Depistaggio, Codisam, Fiom, singoli cittadini partecipanti alle assemblee collettive ecc ecc ecc. Posto qua solo per avere un link da girare su Twitter. Ogni riferimento a quel cuoppo di Saviano non è affatto casuale)

Parlare di sapere come bene comune nel 2011 sembra un'impresa piuttosto ardua: l'impressione che si ha è che sia stato già detto tutto, che i mezzi mediatici e i vari pseudoguru del momento bombardino l'opinione pubblica, a cadenza quasi giornaliera, con discorsoni esorbitanti sull'importanza della cultura, clichè triti e ritriti sul «Popolo ignorante più facile da controllare» e via discorrendo.
Esiste, tuttavia, uno scarto notevole tra le parole e i fatti, tra i discorsi del gotha intellettuale, delle elite sociali finto-progressiste e non, e la realtà. Vengono sempre più demonizzati ed affamati economicamente, infatti, quelli che dovrebbero essere centri di creazione e diffusione del sapere: le scuole pubbliche, le università -soprattutto- ma anche le biblioteche, i centri di aggregazione culturale, e in senso più lato la produzione cinematografica, teatrale, musicale, letteraria; in Veneto la Lega Nord mette libri all'indice solo perchè gli scrittori sono “rei” di aver firmato l'appello contro l'estradizione di Cesare Battisti, in un clima da Fahrenheit 451; la Gelmini in un noto programma televisivo si arrampica di fatto sugli specchi per nascondere l'evidenza di ben dodici miliardi di tagli a scuola pubblica ed università che andranno ad aggiungersi, ovviamente, ai precedenti; una parlamentare/presentatrice televisiva (Decidete voi in che ordine), si scaglia ancora una volta contro i presunti libri di storia “comunisti” imitando il Presidente del Consiglio che pochi giorni prima aveva attaccato la scuola pubblica e i presunti insegnanti “di sinistra” che indottrinano i ragazzi (Perchè, l'indottrinamento “di destra”, invece, andrebbe bene?), eccetera eccetera eccetera.
Noi viviamo sulla nostra pelle questa situazione paradossale e protodittatoriale, che ricorda situazioni da fantascienza distopica (Fahrenheit 451, appunto), viviamo dall'interno dell'università e della scuola pubblica, come studenti, come professori, o come genitori di studenti, il riflettersi della crisi sociale sulla diffusione di massa del sapere che si concretizza con gli aumenti dei costi di tasse, costi dei libri (E trasporti per raggiungere fisicamente la sede universitaria), con la cancellazione o il rimpasto dei corsi di studio e la conseguente necessità di riadattare i piani di studio, con la quasi totale assenza di borse di studio per il diritto allo studio, con la fatiscenza delle strutture e -soprattutto- con la costante incertezza del futuro, che ci rende, fin dal primo giorno dell'immissione nel sistema-scuola “precari della conoscenza”, “precari del sapere”. 
Mentre dalla sinistra intellettuale e politica “ufficiale” ci si limita ad approfondire lo scarto evidenziato nel sessantotto da Pasolini, tra cultura di elite, e cultura popolare, a difendere l'una demonizzando l'altra, noi siamo sempre stati non sui palchi e sulle televisioni, ma in piazza e in strada, ci siamo stati durante le manifestazioni contro la Riforma Moratti, ci siamo stati durante le manifestazioni contro la Riforma Gelmini, ci siamo stati il 14 dicembre a Roma, ci siamo oggi, qui a Benevento, per ricordare che il sapere è un bene vitale al pari dell'acqua e dell'energia, e soprattutto, ci saremo il 6 maggio a Napoli, precari del sapere accanto ai precari del lavoro, a difendere ancora una volta il nostro (E vostro) diritto alla crescita culturale. 

martedì 19 aprile 2011

Israele e Palestina spiegati con un esempio

(Massima semplificazione. Massima banalità. Riflessioni mie, non faccio la politologa, e non pretendo di avere la verità in tasca)

Berlusconi, domani, decide di sterminare tutti i pugliesi perchè gli stanno sul cazzo per un qualche motivo (Magari perchè c'è Vendola). La comunità internazionale non fa un cazzo per i pugliesi, lascia che Berlusconi li uccida, non interviene e simili.
Poi, Berlusconi, spinto dalle sue manie di conquista, e siccome la Merkel gli sta sul cazzo, decide di attaccare la Germania. Attacca la Germania, la comunità internazionale ovviamente interviene, gli dichiara guerra e lo sconfigge.
I pugliesi rimasti vivi e riusciti a scappare dall'Italia, nel frattempo, si sono andati a piazzare in Grecia, perchè storicamente derivano dai Greci, la Magna Grecia ecc ecc ecc. I pugliesi, sono una popolazione molto ricca, hanno l'olio e il vino buono, e per la comunità internazionale, non è comodo essersi inimicati i pugliesi per non essersi schierati al loro fianco mentre Berlusconi li sterminava. Quindi, dal nulla, la comunità internazionale, decide di dare ai pugliesi, ormai stabilitisi in Grecia, uno stato in Grecia.
Chi ha ragione, i Greci, o i Pugliesi? E soprattutto, se la comunità internazionale si fosse fatta i cazzi suoi, non sarebbe stato meglio?


martedì 5 aprile 2011

News

Post velocissimo per comunicare che oltre a occuparmi di letteratura e cinema (Le due rubriche Books Blog e Cinephilia che ho inaugurato recentemente) e di roba sociale, politica, filosofica, culturale ecc ecc ecc su questo blog, da oggi mi occupo pure di scrivere di musica, una roba che non facevo dai tempi del liceo. Praticamente recensisco dischi (Per adesso, a breve inizio pure con i Reportage dei concerti) su una zine di musica indipendente nata da poco, un progetto carino e interessante.

Questo è il link della zine: http://www.letlovegrow.it . (Lo inserisco anche a lato ndr)
Questa, invece, è la prima recensione che ho fatto: http://www.letlovegrow.it/?p=1803