lunedì 23 maggio 2011

Adieu, blogger! (Cambio rotta, cambio stile)

Questo è l'ultimo, ultimissimo post su blogger, il canto del cigno di "Eve B. e la Nitroglicerina".  Comunque non sparisco, non autoimplodo, non smetto di scrivere roba (purtroppo o per fortuna, a scelta di chi legge!), semplicemente inizio un nuovo progetto (Oltre a continuare a scrivere di musica per Letlovegrow).
1) Mi trasferisco da blogspot a noblogs, non tanto per motivi tecnici (Dei quali non mi intendo, personalmente) quanto per motivi "politici", di totale condivisione del manifesto di A/I (Che trovate qua: Manifesto autistici).
2) Dopo il cambio di piattaforma, "Eve B. & la Nitroglicerina" diventerà "Stati di agitazione" e oltre al nome cambierà TOTALMENTE forma. Mentre questo era ed è sempre stato un blog di riflessioni "personali" su questioni sociali e culturali, "Stati di agitazione" punterà ad essere, non più un One Woman Show, ma un progetto di riflessione ed informazione collettivo e collaborativo ad organizzazione orizzontale.

E niente, ci vediamo su "Stati di agitazione" appena sarà pronto.

giovedì 19 maggio 2011

Grillo, criptofascismo, destra & sinistra (Da Giap)

In attesa di fare il post di analisi/riflessioni sul fenomeno Grillo, linko la risposta di WM1, meravigliosa & significativissima, a una mia domanda da Giap (E di seguito tutta la discussione per chi volesse seguirla)
Giusto per conservarla.

http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4024&cpage=1#comment-5784

lunedì 2 maggio 2011

Felpe, petrolio & bombe (O "Della guerra in Libia")

Due o tre settimane fa, a differenza di adesso, alle due di pomeriggio faceva caldo. Faceva così caldo che la felpa che avevo benedetto alle sette di mattina era diventata oggetto di odio mortale, costringendomi, più che a toglierla, a tirarla via con stizza. Comunque, complici l'inerzia del viaggio in pullman Salerno-Benevento, la mia pigrizia che mi ha impedito di rigirare la felpa dal lato giusto una volta tolta e la mia abitudine a leggere tutto quello che mi capita a tiro, etichette dei bagnoschiuma comprese, mi cascano gli occhi sull'etichetta. A parte le indicazioni sul lavaggio varie ed eventuali, scopro che l'industria che ha prodotto la mia amata-odiata felpa è un'industria francese, con sede in Francia. Solo che la felpa è Made in Tunisia.
Sarà il mio complottismo, o sarà stato il sole caldo che batteva contro il finestrino rimbalzandomi direttamente sul cervello, ma non ho potuto fare a meno di immergermi in riflessioni sociopolitiche sulla Francia, la Tunisia, la guerra in Libia ecc ecc ecc.
Insomma. La Tunisia, ex colonia francese, con la quale, però, la Francia, nonostante la dittatura (Anzi, forse GRAZIE alla dittatura) di Ben Alì, continua a mantenere rapporti economici, è in rivolta, la suddetta dittatura è caduta e la Francia (insieme a tutto l'Occidente), non ha la sicurezza matematica di far rientrare la rivoluzione in canoni “comodi” economicamente e politicamente. Perciò, con Mubarak e Ben Alì già caduti, se si esclude la Siria (Che probabilmente sarà il prossimo passo della “guerra umanitaria”), l'unico dittatore che resta all'Occidente, a cui appigliarsi, per usare la solita trita e ritrita bandiera della “democrazia da esportare per salvare i popoli oppressi dalle dittatura” è Gheddafi. Quello che ha l'esercito di amazzoni, che è venuto a parlare alla Sapienza, che abbiamo accolto coi baciamani, a cui abbiamo venduto le armi, che abbiamo definito “Un leader di grande saggezza” ecc ecc ecc. Quello. (Ma non mi voglio perdere in ulteriori bagarre di politica nazionale da PD il martedì sera a Ballarò, quindi passiamo oltre.)
Un'eventuale Libia con governo fantoccio filo-occidentale (Tipo Afghanistan & Iraq, per capirci), sarebbe comoda all'Occidente, quindi, non solo per i suddetti motivi economici (Le etichette delle felpe, do you remember?), ma anche -soprattutto- per motivi politici: controllo totale e possibilità di “direzionamento” sui movimenti rivoluzionari del nordafrica. (Che poi è quello che dicevano anche Noam Chomsky qua, InfoAut qua e la sottoscritta qua in questo vecchio post).

Da non sottovalutare nella questione, anche l'effetto Fukushima. Non è un caso che la Francia abbia spinto per l'interventismo a tutti i costi SOLO dopo Fukushima. La Francia è leader mondiale nelle tecnologie nucleari. L'ondata emotiva (cit.) post-Fukushima, è quasi ovvio, farà cadere gli introiti del nucleare (Vedi la decisione della Merkel di smantellare le centrali in Germania ecc. ecc. ecc.). E quindi, che c'è di meglio che buttarsi sul caro vecchio petrolio, avrà pensato Sarkò?


E ovviamente, in tutti questi giochi politici, tra petrolio e felpe, chi lo prende in culo, è sempre la popolazione che sta sotto le bombe, chiaro.

(NOTA BENE: Non sono Julian Assange, non sono Wikileaks, né faccio la politologa. Quelle di cui sopra sono solo riflessioni mie, probabilmente sbagliate, probabilmente giuste.
NOTA BENE 2.0: A breve post su confronto tra guerra in Libia e guerra in Iraq, potere dei simboli e perchè chi prima era contro la guerra in Iraq adesso è a favore della guerra in Libia.)  

sabato 30 aprile 2011

«Le fontanelle, o Cronaca di un paese di provincia nel peggior futuro possibile»

(La prima parte è ispirata a roba realmente successa. La seconda parte, potrebbe succedere, se non stiamo attenti)

«Lo sapevate che tutte le grandi civiltà dell'antichità si sono sviluppate vicino all'acqua?»
Gianni il Gufo era l'intellettuale del nostro gruppo, un intellettuale da Bar, sia chiaro, uno di quelli -insomma- che ricordano due o tre cose da qualche documentario incrociato per caso facendo zapping e trovano il modo di infilare quelle due o tre cose in qualunque discussione, comprese quelle calcistiche.
Stavolta, però, la pseudoperla del Gufo, col discorso centrava eccome: era uno di quei frequenti discorsi-amarcord, ci mettevamo a ricordarci a vicenda tutte le mirabolanti avventure di noi cinque – io, Zampa, Pollice, il Gufo e il Corvo – più gli infiniti passeggeri, quelli che stavano con noi per un estate o due e via. Pollice era il più bravo, faceva sembrare fico anche un nascondino idiota, lo trasformava n una storia da film d'azione.
Comunque, in tutti i discorsi di questo tipo, chiunque li raccontasse, c'era un'altra presenza oltre a noi cinque: la fontanella. Probabilmente non si chiamava così, quel posto. Magari aveva un nome altisonante e pomposo, ma per noi era solo la fontanella, con l'acqua da bere e da usare per i gavettoni, le sue due panchine, il muro dietro per giocarci a nascondino e basta. 
Ma questo, era prima che arrivassero i marocchini, quegli zulù di merda: quando hanno iniziato a venire alla fontanella ci siamo limitati a studiarci a vicenda, poi una sera, una battuta di qualcuno di noi, o forse una roba detta in arabozulù da uno di loro e scambiata per provocazione da uno di noi, aveva scatenato il caos di sassi, pugni, e bottiglie spaccate. Ci hanno schiacciato e scacciato solo per superiorità numerica, sono in sette, noi in cinque.
Siamo emigrati, abbiamo trovato un'altra fontana, probabilmente più fica, più storica della nostra, ma dannazione, non era la nostra! Da allora è stata guerriglia aperta: raid e conseguenti risse, occhi lividi, labbra gonfie, nocche spaccate, scritte sui muri (Col Gufo che ci correggeva la grammatica), pisciate nelle fontane nemiche eccetera eccetera eccetera.
Qualche sociologo avrebbe definito la nostra guerriglia scontro culturale, ma in realtà di culturale non c'era proprio niente: l'insulto più colto che c'è stato? «Arabi zulù di merda!» «Non siamo arabi, siamo marocchini. E senza gli arabi avreste ancora contato con le lineette» «Fanculo, nemmeno mi piace la matematica!»
Comunque, non bastavano gli arabozulù a rompere il cazzo, adesso ci si sono messi pure i rais dell'acqua: l'altro giorno il solito gufo, in una delle sue solite sessioni di zapping, ha sentito che questi stronzi hanno deciso di togliere di mezzo tutte le fontane pubbliche perchè costano troppo, e riconvertirle in voliere per la vendita di uccelli esotici. Col risultato che, oltre a non avere più il nostro posto, non avremo praticamente più acqua da bere a meno di pagarla a peso d'oro nei supermercati, sorbirci la roba marrone che esce dai rubinetti o berci il piscio. 
Ricordo che una decina d'anni fa, quei rompicoglioni sinistroidi coi volantini insistevano con la lotta contro la privatizzazione dell'acqua, ma insomma, a chi è mai fregato un cazzo dei blablabla di quei quattro idioti? Se fossimo stati a sentirli, probabilmente sarebbe stato lo stesso, probabilmente no. Insomma, avremmo avuto qualche speranza in più, almeno.
Adesso, invece, ci tocca farci il culo per tenerci questo posto: non che non ci piacciano gli uccelli, ma insomma, li preferiamo liberi, e poi, cazzo, la fontana è la fontana (E poi i soldi per l'acqua da bere non li abbiamo e il piscio ci fa schifo). 
Abbiamo provato a fare qualcosa: scritte sui muri, incatenarci alla fontana, roba così, ma ci siamo presi solo un paio di denunce senza ottenere altro, e adesso ci tocca vedere gli uccelli in gabbia e morire di sete. 
La situazione è così critica che il Corvo non beve da due giorni e quando ci siamo visti era così debole da non reggersi in piedi, pensavo che morisse da un momento all'altro. Poi è arrivata la svolta: gli arabozulù sono passati da quelle parti, non avevamo la forza di insultarli come al solito, e quando si sono avvicinati ci siamo limitati a guardarci in cagnesco. Probabilmente volevano romperci il casso, ma quando hanno visto il Corvo semisvenuto hanno fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettato: hanno tirato fuori dalla giacca una bottiglia d'acqua e ce l'hanno data, salvando il Corvo. Praticamente la bottiglia ha fatto da Calumet della pace, dissolvendo i dissapori, lentamente ma efficacemente. E ci siamo resi conto che il nemico, a questo punto della storia, è uno solo: i rais dell'acqua. 
«Bella la scritta. Ne abbiamo fatta anche noi una uguale»
«Ma non ha funzionato, immagino.»
«No. Ce la tolgono. Anche la nostra. Cioè, vostra. Cioè, insomma. Vaffanculo nostra e vostra. »
«Finisce che moriamo di sete.»
«Dobbiamo fare qualcosa. Provarci, almeno» 
«Avrei un'idea»
L'arabozulù (Non ce la faccio a non chiamarlo così, anche se adesso siamo quasi amici), Samir, guarda la voliera e sghignazza, poi guarda tutti noi altri. 
«Aiutatemi»
Ovviamente gli abbiamo sfasciato la gabbia, facendo volare via tutti gli uccelli esotici, e gli abbiamo lasciato una roba, un cartello scritto, una roba tipo, «Se ce li rimettete e non ci ridate le fontane, continuiamo a farlo ad oltranza, stronzi»
Sono liberi, comunque, gli uccelli. E speriamo di diventarlo pure noi, prima o poi. 

(Alè & Roberta, con la partecipazione straordinaria di Camillo sulla fine, per Commons Benevento)

martedì 26 aprile 2011

«La difesa del sapere: un bene comune vitale»

(Articolo scritto per la zine autoprodotta "Diario comune", sulle tematiche dei beni comuni, a cura di Quinto Elemento, Centro Sociale Depistaggio, Codisam, Fiom, singoli cittadini partecipanti alle assemblee collettive ecc ecc ecc. Posto qua solo per avere un link da girare su Twitter. Ogni riferimento a quel cuoppo di Saviano non è affatto casuale)

Parlare di sapere come bene comune nel 2011 sembra un'impresa piuttosto ardua: l'impressione che si ha è che sia stato già detto tutto, che i mezzi mediatici e i vari pseudoguru del momento bombardino l'opinione pubblica, a cadenza quasi giornaliera, con discorsoni esorbitanti sull'importanza della cultura, clichè triti e ritriti sul «Popolo ignorante più facile da controllare» e via discorrendo.
Esiste, tuttavia, uno scarto notevole tra le parole e i fatti, tra i discorsi del gotha intellettuale, delle elite sociali finto-progressiste e non, e la realtà. Vengono sempre più demonizzati ed affamati economicamente, infatti, quelli che dovrebbero essere centri di creazione e diffusione del sapere: le scuole pubbliche, le università -soprattutto- ma anche le biblioteche, i centri di aggregazione culturale, e in senso più lato la produzione cinematografica, teatrale, musicale, letteraria; in Veneto la Lega Nord mette libri all'indice solo perchè gli scrittori sono “rei” di aver firmato l'appello contro l'estradizione di Cesare Battisti, in un clima da Fahrenheit 451; la Gelmini in un noto programma televisivo si arrampica di fatto sugli specchi per nascondere l'evidenza di ben dodici miliardi di tagli a scuola pubblica ed università che andranno ad aggiungersi, ovviamente, ai precedenti; una parlamentare/presentatrice televisiva (Decidete voi in che ordine), si scaglia ancora una volta contro i presunti libri di storia “comunisti” imitando il Presidente del Consiglio che pochi giorni prima aveva attaccato la scuola pubblica e i presunti insegnanti “di sinistra” che indottrinano i ragazzi (Perchè, l'indottrinamento “di destra”, invece, andrebbe bene?), eccetera eccetera eccetera.
Noi viviamo sulla nostra pelle questa situazione paradossale e protodittatoriale, che ricorda situazioni da fantascienza distopica (Fahrenheit 451, appunto), viviamo dall'interno dell'università e della scuola pubblica, come studenti, come professori, o come genitori di studenti, il riflettersi della crisi sociale sulla diffusione di massa del sapere che si concretizza con gli aumenti dei costi di tasse, costi dei libri (E trasporti per raggiungere fisicamente la sede universitaria), con la cancellazione o il rimpasto dei corsi di studio e la conseguente necessità di riadattare i piani di studio, con la quasi totale assenza di borse di studio per il diritto allo studio, con la fatiscenza delle strutture e -soprattutto- con la costante incertezza del futuro, che ci rende, fin dal primo giorno dell'immissione nel sistema-scuola “precari della conoscenza”, “precari del sapere”. 
Mentre dalla sinistra intellettuale e politica “ufficiale” ci si limita ad approfondire lo scarto evidenziato nel sessantotto da Pasolini, tra cultura di elite, e cultura popolare, a difendere l'una demonizzando l'altra, noi siamo sempre stati non sui palchi e sulle televisioni, ma in piazza e in strada, ci siamo stati durante le manifestazioni contro la Riforma Moratti, ci siamo stati durante le manifestazioni contro la Riforma Gelmini, ci siamo stati il 14 dicembre a Roma, ci siamo oggi, qui a Benevento, per ricordare che il sapere è un bene vitale al pari dell'acqua e dell'energia, e soprattutto, ci saremo il 6 maggio a Napoli, precari del sapere accanto ai precari del lavoro, a difendere ancora una volta il nostro (E vostro) diritto alla crescita culturale. 

martedì 19 aprile 2011

Israele e Palestina spiegati con un esempio

(Massima semplificazione. Massima banalità. Riflessioni mie, non faccio la politologa, e non pretendo di avere la verità in tasca)

Berlusconi, domani, decide di sterminare tutti i pugliesi perchè gli stanno sul cazzo per un qualche motivo (Magari perchè c'è Vendola). La comunità internazionale non fa un cazzo per i pugliesi, lascia che Berlusconi li uccida, non interviene e simili.
Poi, Berlusconi, spinto dalle sue manie di conquista, e siccome la Merkel gli sta sul cazzo, decide di attaccare la Germania. Attacca la Germania, la comunità internazionale ovviamente interviene, gli dichiara guerra e lo sconfigge.
I pugliesi rimasti vivi e riusciti a scappare dall'Italia, nel frattempo, si sono andati a piazzare in Grecia, perchè storicamente derivano dai Greci, la Magna Grecia ecc ecc ecc. I pugliesi, sono una popolazione molto ricca, hanno l'olio e il vino buono, e per la comunità internazionale, non è comodo essersi inimicati i pugliesi per non essersi schierati al loro fianco mentre Berlusconi li sterminava. Quindi, dal nulla, la comunità internazionale, decide di dare ai pugliesi, ormai stabilitisi in Grecia, uno stato in Grecia.
Chi ha ragione, i Greci, o i Pugliesi? E soprattutto, se la comunità internazionale si fosse fatta i cazzi suoi, non sarebbe stato meglio?


martedì 5 aprile 2011

News

Post velocissimo per comunicare che oltre a occuparmi di letteratura e cinema (Le due rubriche Books Blog e Cinephilia che ho inaugurato recentemente) e di roba sociale, politica, filosofica, culturale ecc ecc ecc su questo blog, da oggi mi occupo pure di scrivere di musica, una roba che non facevo dai tempi del liceo. Praticamente recensisco dischi (Per adesso, a breve inizio pure con i Reportage dei concerti) su una zine di musica indipendente nata da poco, un progetto carino e interessante.

Questo è il link della zine: http://www.letlovegrow.it . (Lo inserisco anche a lato ndr)
Questa, invece, è la prima recensione che ho fatto: http://www.letlovegrow.it/?p=1803

domenica 3 aprile 2011

Cinephilia # 1 › Nessuno mi può giudicare

(Non mi dilungo con le premesse dal momento che sono le stesse di Book Blog: nuova pseudorubrica a scadenza non fissa anche se stavolta non si parla di letteratura ma di cinema)

Un paio di settimane fa la noia serale m'attanagliava e al "Vado al cinema!" della mia genitrice sono scattata dalla sedia urlando "Okay, vengo anche io", nonostante fossi assolutamente ignara dei film in programmazione. Questo stato di ignoranza è rimasto invariato fino al momento dei biglietti: "Tre per Nessuno mi può giudicare, grazie". Non sapevo se pensare a Caterina Caselli o a Berlusconi. Insomma, un titolo così è così perfetto da essere assolutamente scontato per un biopic sul premier. (E se non ricordo male lo hanno usato pure per una puntata di AnnoZero, in effetti).
Comunque, all'occhiata successiva, la visione di Raoul Bova e della Cortellesi sui manifesti mi fa dimenticare sia la Caselli che Berlusconi. Non sono una di quelli che "Il cinema italiano mi fa schifo a meno che non si tratti di Moretti e Garrone", ma sicuramente non era un film che sarei andata a vedere di mia spontanea volontà e sicuramente non entravo in sala con grosse aspettative a parte l'idea di passare due ore fuori dalla routine casalinga del mercoledì sera.


Ho dovuto ricredermi: il film manda messaggi piuttosto interessanti se ci si fa bene attenzione. Prima di tutto, si parla di escort, argomento quanto mai attuale a pochissimi giorni dal processo Ruby (Visto che c'era il nesso con Berlusconi?!?). Il problema però è COME se ne parla: intendiamoci, il messaggio che fanno passare sulle escort in se per se non è nemmeno sbagliato, non è pura colpevolizzazione moralista ne tantomeno pura indifferenza da abitudine quanto una posizione piuttosto equilibrata, abbastanza condivisibile che non generalizza, non fa ne un'estrema vittimizzazione ne, al contrario, un estrema colpevolizzazione (Non spoilero nel post le scene del film a cui mi riferisco, ma volendo se ne può tranquillamente discutere nei commenti). L'errore, a mio avviso, l'errore TOTALE, sta nel trattare la questione "clienti delle escort": il regista all'inizio li cita solo en passant, li fa apparire esseri quasi leggendari, quasi inesistenti, quasi leggende metropolitane (Quando Eva, la escort "scafata" ne parla alla protagonista, aspirante escort), poi, quando li fa vedere, li fa risultare quasi personaggi simpatici (Quello che si veste da Batman) o "da comprendere" (Ho sentito una signora che -riguardo al cliente masochista- uscendo dal cinema ha commentato: "E ci credo che va a puttane, con quella moglie!". Tra l'altro, maschilismo portami via, ma soprassediamo sulla questione). L'unico che appare stronzo, anche se stereotipato (Quello sullo yacht) viene stemperato e fatto passare in secondo piano dalla scena immediatamente successiva, dall'umorismo che sebbene sia un umorismo da clichè fa effettivamente ridere di: "Tu devi essere orgoglioso di essere africano" "Ma io veramente sono di Catanzaro".


In sostanza, quello che non condivido del messaggio del film (Magari è perchè è una produzione Rai?) è l'eccessiva umanizzazione dei clienti delle escort che ce li fa sentire vicini, quasi simpatici, ci porta quasi all'idea di "Non condannare ma abituarsi" del "Capita" ecc ecc ecc.
E io personalmente i clienti delle escort rifiuto di farmeli stare simpatici, che si chiamino Silvio Berlusconi, Emilio Fede o che siano uno stronzo che scopa vestito da Batman.

Un film da vedere, comunque. Per capire la strategia che vogliono usare per fotterci.

giovedì 31 marzo 2011

Book Blog #1 › "Quattro amici" - David Trueba

Sono particolarmente ispirata, oltre che trattenuta a casa dallo sciopero totale dei trasporti, qui da me (Ne riparlerò in un post specifico a breve ndr), quindi ho deciso di inaugurare questa sorta di nuova rubrica a scadenza non fissa. Il titolo è un gioco di parole un sacco banale tra Book Block e Blog, e quindi diventa Book Blog. Scemo. Ma mi discolpo con la scusa che l'importante sarà il contenuto. Contenuto che, nello specifico, sarà costituito da una serie di riflessioni, impressioni, confronti con altrilibrimusicacinemaetuttoquellochemiverràinmente, aneddoti da lettrice and many more. Insomma, tutto quello che mi ha suscitato un libro X tradotto a parole, più o meno.
Non si tratterà di recensioni, non so se ho avuto già occasione di scriverlo, ma le recensioni mi stanno sul cazzo, mi sta sul cazzo il dover per forza incasellare un libro in canoni X, mi sta sul cazzo il complesso da pene piccolo dell'80% dei critici (O di invidia del pene nel caso si tratti di critiche donne, tanto per essere bipartisan). Riflessioni da lettrice. Semplicemente.


Iniziamo con un libro che ho finito di leggere un paio di settimane fa ma che in realtà tenevo in libreria da anni, regalo di mio padre di un Natale passato, o qualcosa del genere, iniziato e abbandonato a metà. L'ho ripescato praticamente a caso in un periodo di magra economica (e -di conseguenza- letteraria), connessa a poca voglia di rileggere roba già letta come faccio di solito in questi casi. Il libro in questione è "Quattro amici" dello spagnolo David Trueba, edito da Feltrinelli (Ma non mi chiedete l'anno perchè non me lo ricordo) e si potrebbe descrivere con una sola parola, un verbo: scivola. Sia nel senso che scorre, si fa leggere piuttosto facilmente, è semplice, fruibile, non impegnativo, puro "intrattenimento letterario" (E non mi spiego per quale motivo la prima volta non sono riuscita a finirlo, in effetti), che nel senso che beh...Scivola addosso. Nel senso che lascia poco quando lo si chiude e lo si posa di nuovo in libreria. In questo senso, i primi termini di confronto che saltano alla mente sono -letterariamente- i libri di De Carlo post Due di Due e cinematograficamente, un qualsiasi film di Muccino o di Virzì, classiche storie generazionali, sull'amicizia, sui problemi del crescere, roba scontata, scontatissima, e che personalmente mi hanno immensamente sfracellato le ovaie per il modo che hanno di stereotipare, incasellare, e categorizzare intere generazioni.


Insomma, gente alla soglia dei trenta che non riesce a trovare un equilibrio tra l'adolescenza e la maturità, il tizio che s'è sposato per caso e ha dovuto abbandonare la sua propensione al sadomaso (Che per inciso, è l'unica trovata che poteva essere simpatica, ma non è approfondita bene), il tizio lasciato dalla donna, il ciccione sfigato, il latin lover impenitente. Qua e là stracci di (wannabe) lotta di classe pret a porter con battutine tra il figlio di papà annoiato e quello-che-lavora-in-maniera-saltuaria.

In definitiva, un libro che se lo leggete o non lo leggete non vi cambia niente. Un buon passatempo, in mancanza di altro da leggere o rileggere.

martedì 15 marzo 2011

«Ci deve essere qualcosa di speciale nei libri» (Ovvero #perchèleggo)

#perchèleggo è un tag (Per i non Twitteriani leggi "Tema di discussione") lanciato su Twitter dai ragazzi di Finzioni. Siccome è uno spunto di riflessione interessante, siccome ho sempre letto senza mai pensare al perchè leggo e siccome (Soprattutto per questo) la risposta non mi entra negli amati/odiati 140 caratteri di Twitter, vi beccate il post sul blog.
La prima motivazione che mi viene in mente, prima ancora di tutte le motivazioni "romantico/idealistiche" è una motivazione sociale: leggo perchè ho avuto il culo di nascere in una famiglia culturalmente fervida in cui si legge molto e bene: da adolescente ho rubato i primi libri di Tondelli dalla libreria di mia madre, recentemente le ho rubato le Metamorfosi di Kafka e non facciamo che litigare CONTINUAMENTE, come due ragazzine gelose, su chi delle due debba tenere il libro X nella propria libreria. (E sotto questo punto di vista, a parte tutti gli aneddoti personali tra me e mia madre, mi viene da pensare alla "non lettura" come un disagio sociale più che come una "colpa intellettuale").

Quanto alle motivazioni più "romanticoidealistiche", il mio rapporto con la lettura, oltre che con la citazione di Bradbury del titolo (C'è davvero qualcosa di speciale nei libri!), è racchiuso tutto in un libro, nel film omonimo e nel tatuaggio tratto da libro e film in questione che ho sul polso destro: il libro (e il film) è "La storia infinita" di Michael Ende e il tatuaggio è l'Auryn. Quando leggo mi sembra di cadere nel mondo del libro, di diventare un tutt'uno con esso, mi sembra che il libro dipenda da me che lo leggo e io dal suo continuare, dal modo in cui è scritto, dal modo in cui la storia va avanti, dai personaggi, dai luoghi, dalle cose ecc ecc ecc. Esattamente come Bastian.


E soprattutto mi ricordo che l'unica arma contro il nulla è la fantasia umana, di qualunque tipo essa sia e qualunque genere letterario produca. (Che poi, del resto, è lo stesso potere rivoluzionario dei libri di cui parlava anche Bradbury)

Fukushima Mon Amour

Stamattina un amico notava e faceva notare l'assurdità del fatto che la nostra generazione abbia vissuto nel giro di venticinque anni due catastrofi nucleari di portata e rischio devastanti. Chernobyl 1986 & Fukushima, 2011 (E cito solo en passant per non dilungarmi con notizie di carattere storico che vi trovate facilmente tutti su Wikipedia¹ l'incidente del 1987 in Brasile e quello del 1999 sempre in Giappone). E quattro catastrofi o pseudotali per una forma energetica che -a quello che ne dicono i sostenitori- è sicura, mi sembra un po' troppo.
Non ho facoltà per fare analisi tecnico scientifiche della cosa, mi limiterò a delle riflessioni sia sulla cosa in se per se che sul dibattito nucleare in genere, ovviamente riacuito da quanto succede

1) E' giusto "strumentalizzare" Fukushima per ribadire il NO al nucleare in Italia e in Europa?
Posto che lo stesso termine "strumetalizzazione" mi sembra, personalmente, un termine di comodo per screditare gli antinuclearisti, secondo me non si tratta di "strumentalizzazione" quanto -semplicemente- di fare tesoro delle esperienze vissute per costruirci il futuro. Accusare gli antinuclearisti di strumentalizzazione della tragedia, in questo caso, sarebbe come accusare i pacifisti di strumentalizzare la tragedia della guerra. Che è un filino ridicolo.

(Quanto a chi critica il paragone dal lato scientifico, o presunto tale, della cosa, il rischio sismico in Italia, sebbene non pari a quello Giapponese è alto. Ma ripeto ancora una volta che da questo punto di vista parlo da inesperta, quindi non mi dilungo)

2) Quelli che "Col nucleare si risparmia, quindi se dite no al nucleare poi non vi lamentate che la bolletta è alta". Not true: i costi di manutenzione e controllo del nucleare sono alti, altissimi e se non si pagano la manutenzione non si fa. E se la manutenzione non si fa, il rischio inevitabilmente si alza. (E tra l'altro, c'è da valutare ATTENTAMENTE quest aspetto, considerando che ci troviamo anche con una crisi economica in atto)


Per maggiori informazioni sulla questione costi, rimando QUA

3) Quelli che "E vi lamentate del nucleare, e vi lamentate degli impianti rinnovabili, e allora uno come deve fare?"
Non è tutto bianco o tutto nero. Se schifo il nucleare, non vuol dire che di fronte alle magagne che indubbiamente ci sono riguardo al rinnovabile (per approfondimenti rimando QUA) io debba foderarmi gli occhi e fingere che vada tutto bene. L'alternativa, ovviamente, è attivarsi coscientemente e fattivamente per ripulire il mercato delle energie rinnovabili dalle magagne sociali e politiche che lo stanno inquinando e per spingere gli stati a investire nella ricerca su nuove forme energetiche. La scelta sull'investire nella ricerca per nuove forme energetiche pulite e investire sul nucleare è una scelta tra investire sulla salute, propria, degli altri e dell'ambiente, e investire sul portafogli.

4) Quanto ai dati medici, le ricerche che ho trovato appaiono contrastanti, anche se fondamentalmente gli effetti negativi delle radiazioni sui processi cellulari e sul DNA si studiano dal primo anno di medicina.
Nello specifico, due ricerche, una sull'aumento dei tumori nel lavoratori delle centrali nucleari (LINK) e l'altra sull'aumento vertiginoso di aborti nelle donne che vivono nei pressi delle centrali (LINK), convincono della pericolosità del nucleare mentre una terza (Che non ho trovato per intero in rete, ma solo un breve accenno su Wikipedia) sull'aumento dei tumori dopo l'incidente del 1987 in Brasile, suggerirebbe, almeno apparentemente, il fronte "rischio salute zero".

Chi avrà ragione? Io personalmente non ho i mezzi mentali scientifici per stabilirlo, vi ho riportato le documentazioni (Quella da Wikipedia è al link sotto) semplicemente per completezza di dati e correttezza di informazione.

5) Questione scorie. Linko questo BELLISSIMO documentario, "Into Eternity", del regista finlandese Michael Madsen, che personalmente non conoscevo e che ho scoperto grazie alla discussione sul nucleare di Giap: INTO ETERNITY FULL MOVIE. Sempre restando sulla questione scorie e sulla discussione di Giap (Che trovate QUI: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=3470), mi sembra interessante notare, come faceva qualcuno lì, il caso dell'Italia: infrastrutture fallate, infiltrazioni criminaloidi -leggi mafia, camorra ecc ecc- incapacità a smaltire i rifiuti "convenzionali". E' il caso di accollarci pure scorie radioattive da smaltire, a questo punto?

Ah. Vi ricordo che per votare CONTRO il nucleare, al Referendum, bisogna votare SI. E soprattutto, che, comunque vogliate votare, DOVETE votare, per raggiungere il quorum. Diffondete!

NOTE

¹ http://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_nucleare

lunedì 14 marzo 2011

Io, me e Bukowski


Nutro per il signor Heinrich Karl Bukowski, in arte -ovviamente- Charles Bukowski, dei sentimenti contrastanti, amore e odio a giorni alterni come per le targhe (probabilmente dipende in parte dalla mia bipolarità, ma non starò qui ad autopsicanalizzarmi).
Partiamo dall'odio che, per la maggior parte (ma non del tutto), ha una matrice femminista: ditemi che esagero, ditemi che sono integralista ecc ecc ecc, ma trovo (ovviamente nei giorni in cui lo odio) Bukowski terribilmente maschilista. La donna è (in gran parte di quello che ha scritto) macchina da sesso, è puttana, tutto corpo, poca anima. E' usata, maltrattata, e abusata. (E ci ricorda una certa visione maschile e maschilista piuttosto en vogue di questi tempi in Italia, del resto).
Odio 2.0: sesso, alcool, cavalli. Insomma, ripetitivo, con qualche vaghissima variazione sul tema.
Passiamo ai giorni in cui lo amo: quando non mi sembra maschilista, Bukowski mi sembra addirittura l'opposto, a tratti quasi dipendente dal sesso femminile. (Per non parlare del fatto che, come lui stesso dichiarò a Fernanda Pivano, non ha mai odiato le donne, quanto l'umanità intera. E nei giorni in cui lo amo gli faccio passare questa giustificazione).
Quanto alla ripetitività dei temi ai tempi dell'amore, m'appare come un inno al nichilismo puro, più di quanto non lo sia stato, per esempio, un certo filone di punk (Per quanto io filosoficamente non apprezzi completamente il nichilismo, ma evito di dilungarmi sul tema).

Nonostante tutto continuerò a leggere Bukowski: anche nei giorni in cui lo odio, fa riflettere, e questo è sacrosanto in uno scrittore.

NOTE VARIE:
•Perdonatemi il poco italiano di stasera, ma ho ancora i postumi del weekend fuori porta.
•Lo specifico sempre casomai non fosse stato già chiaro: non parlo da esperta, non lo sono e anche se lo fossi non mi piacerebbe farlo, le mie sono semplicemente riflessioni. Riflessioni di una lettrice su uno scrittore, in questo caso. Perciò, se leggete e non siete d'accordo, la pensate diversamente ecc ecc ecc e volete commentare e confrontarvi, fatelo, siete i benvenuti.
Bisous :-*

sabato 5 marzo 2011

«A nuclear error ~ Dopo il grande splendore»


Ora: venerdì 18 marzo alle ore 17.00 - 01 maggio alle ore 23.30
Luogo: Sede Associazione Culturale "Il Quinto Elemento" (Ex scuola Media Sannio, Via S. Pasquale, 3° padiglione, alle spalle dell'associazione di Volontariato "Il Giardino di Oren". Benevento, Italy)

Nel 1945 l'esplosione delle bombe atomiche, Little Boy e Fat Man, su Hiroshima e Nagasaki segnò la fine della seconda guerra mondiale: nonostante il superficiale senso di commozione suscitato in gran parte dei paesi occidentali dalle immagini dei cinegiornali, la reazione generale più "concreta" fu un diffuso sollievo non solo per aver -finalmente- ottenuto la vendetta sul nemico giapponese post Pearl Harbor ma anche e soprattutto perchè l'atomica segnava la definitiva fine del conflitto.
Il reale terrore per la bomba (alimentato ovviamente dal terrorismo psicologico mediatico) nacque una decina d'anni dopo, con la guerra fredda: si temeva che da un momento all'altro la bomba potesse scoppiare e non nella remota Hiroshima, ma nel cuore dell'occidente. Come sappiamo, se si tralasciano le varie esplosioni sperimentali, durante la guerra fredda non scoppiò nessuna bomba (Ovviamente riferendoci solo alle atomiche o comunque alle nucleari in genere).

Parallelamente al terrore, c'era l'utilità dell'impiego del nucleare come fonte energetica. In Italia la decisione di costruire la prima centrale elettronucleare venne presa in seguito alla conferenza del 1955 "Atomi per la pace" a Ginevra e negli anni sessanta vennero costruiti i primi tre impianti (Latina, Sessa Aurunca, Trino). Nel 1970 venne costruita la quarta centrale italiana, a Caorso e nel corso degli anni settanta venne stabilito il Piano Energetico Nazionale che, fra le altre cose, prevedeva un forte sviluppo della componente elettronucleare: furono stabiliti altri siti per nuove centrali, si iniziò la costruzione di una nuova centrale a Montalto di Castro e si ampliarono quelle esistenti.

Nel 1986 dopo l'incidente di Chernobyl, sul quale non credo sia necessario dare specifiche, fu indetto un referendum e la stragrande maggioranza del popolo italiano chiese di abbandonare la via nucleare.

Adesso, a vent'anni di distanza, l'incubo nucleare ritorna sia nella forma dello sfruttamento energetico e di tutte le conseguenze, scientificamente provate, che potrebbe avere sulla salute e sull'ambiente che nella forma di "grande splendore", di atomica post-conflitto (Le ripetute minacce di Ahmadinejad, per citare il caso più eclatante).

Con questa manifestazione, che includerà una rassegna cinematografica, una mostra fotografica, e probabilmente interventi di esperti e, probabilmente, un evento parallelo con un reading di un bellissimo numero di Dylan Dog (Di seguito informazioni precise su date ecc ecc), intendiamo non solo "intrattenervi" e regalarvi momenti di cultura cinematografica, fotografica e letteraria, ma anche informarvi sui rischi del nucleare in vista del referendum a riguardo.

EVENTI:
-18 marzo 2011, Ore 17.00 > Esposizione mostra, aperitivo, proiezione del film "Il dottor Stranamore, ovvero come imparai ad amare la bomba e non preoccuparmi" di Stanley Kubrick

-1 aprile 2011, Ore 17.00> Esposizione mostra, aperitivo, proiezione del film "Hiroshima Mon Amour" di Alain Resnais

(A breve saranno aggiunte informazioni sugli altri eventi in programma nell'ambito della manifestazione. Per informazioni, adesioni ecc ecc ecc ci trovate sul gruppo del Quinto Elemento, sul profilo "Ilquintoelemento Associazioneculturale" oppure ai seguenti numeri:
Andrea (329/7914678)
Roberta (3408510821)
Alessia (3895442005)
Walter (3270389618)

venerdì 4 marzo 2011

(r)evolutions

E' passato quasi un mese dai primi venti di rivoluzione maghrebini e non(¹)(o quantomeno, un mese da quando i media europei convenzionali -leggi TV, giornali, radio- e non convenzionali -leggi internet & social networks vari- hanno deciso di farcelo sapere).
Personalmente, da "non-addetta-ai-lavori" ho seguito le prime battute della cosa con quel briciolo di diffidenza che ritengo necessaria per restare ancorati alla realtà e non scadere nelle utopie iperuraniche. Non trascurabile, inoltre, il fatto che la suddetta diffidenza sia stata senza dubbio alimentata anche dalle voci made-in-Wikileaks sulle rivoluzioni pilotate, sui "Manuali del rivoluzionario" diffusi dagli USA e da qualche analisi sul ruolo di Israele nel gioco(²).
Intanto, tra una news alimentadiffidenza e l'altra, a intervalli quasi regolari come la corrente alternata, qualche intervista qua e là, qualche dichiarazione qua e là e sguardi di gentecomeme, gente comune che lotta per lottare, per salvarsi, per distruggere e creare , mi alimentavano stille di speranza (e anche stille di invidia, I confess, e per un'analisi precisa della mia invidia rimando a "Non ci vuole un altro sessantotto, ci vuole un altro Egitto", giusto qualche post più sotto).




Egitto e Tunisia. Liberi. Forse. No, non so se siano liberi, non sono una di quelli convinti che l'abbattimento dei tiranni risolva tutti i problemi, che il "costruire una democrazia" possa salvarli ecc ecc ecc. (Detto in altri termini, quelli che se ne sono lavati le mani e guardano tutto il processo con diffidenza paternalistica, restando arroccati sulle loro posizioni che tradizionalmente sono le posizioni del "mondo civile" e dei paesi sviluppati, ma che di fronte alla ventata fresca e giovane di queste rivoluzioni dimostrano un arretratezza culturale senza confini. E al banco degli imputati ci sono l'Europa, gli USA, l'Onu, eccetera eccetera eccetera). Tornando al discorso di cui sopra, non so se siano liberi, ma quantomeno hanno la PROBABILITA' di tentare di costruire qualcosa di nuovo, sebbene il "tentare di costruire qualcosa di nuovo" sia a tratti più rischioso della rivoluzione stessa.
Analizziamo gli scenari futuri più probabili (N.B: Ripeto. Non sono un'addetta ai lavori, pertanto gli scenari in questione sono roba sentita e/o letta in rete e le analisi a riguardo sono semplicemente riflessioni mie).

1) Rischi Qaedisti: ovvero infiltrazioni fondamentaliste, pseudotalebane & jihadiste nella "ricostruzione", con conseguente ricreazione di casi simili all'Iran e soprattutto all'Afghanistan e conseguente (molto) pepe al culo per Israele, in primis, e poi per Europa & Usa. Personalmente sono convinta che i rischi di questo tipo siano presenti, ma esigui, in quanto le lotte hanno mostrato dall'inizio un carattere del tutto differente dalle matrici fondamentalistiche o pseudotali. Basta leggere qualche dichiarazione per rendersene conto
Oltre a questo, ritengo che la "paura dei rischi qaedisti" da parte dell'Occidente sia una sorta di spauracchio fantoccio. Pura apparenza. Per due motivi: il primo è che un eventuale rinnovo dell'"allarme terrorismo", amplierebbe a dismisura il consenso dei governanti occidentali presso i loro popoli (E'provato che la paura alimenta la controllabilità dei popoli e quindi il potere dei governanti), facendo diminuire il dissenso (Oltretutto il "problema esterno" distoglierebbe l'attenzione dai "problemi interni", altra cosa provata storicamente); il secondo motivo è che, come successe per l'Iraq, le lobby militari, produttrici di armamenti, farebbero festa.

L'unico motivo di "paura" reale riguardo a questo possibile scenario sarebbe un peggioramento della crisi petrolio (E io dico, tanto meglio, così magari arriva il momento di cercare energie alternative. Anzi, di iniziare a utilizzarle, visto che di fatto già esistono da tempo)

2)Secondo scenario: creazione di nuovi modelli sociali totalmente diversi da quelli occidentali. Per quello che mi riguarda è lo scenario più auspicabile, ma meno probabile, per una serie di motivi: alcuni strati di popolazioni nei paesi "in rivolta" conservano ancora il miraggio della perfezione democratica occidentale, e sicuramente tenteranno di imitare i modelli democratici occidentali. Anche perchè, è indubbiamente più facile. Il secondo, ma non meno importante motivo, è l'intromissione (Per adesso solo a livello di "rapporti diplomatici") delle forze di potere occidentali nelle relazioni con i nascenti poteri che stanno prendendo piede nei paesi toccati dalle rivolte. Ovviamente, le suddette forze di potere occidentali, tenteranno di far progredire i nascenti poteri, purtroppo per il momento ancora deboli, in modelli a loro noti ed a loro simili per ottenere, poi, una maggiore facilità nei rapporti diplomatici futuri e per evitare che gli eventuali nuovi modelli sociali che si verrebbero a creare funzionino così bene da spingere anche i popoli occidentali a rivolte così imponenti

3) Terzo scenario: praticamente ne ho già parlato nell'analizzare il secondo scenario. Si tratta, infatti, della nascita di democrazie simili a quelle occidentali, già vecchie fin dalla nascita. I pregi e i difetti di questo modello sociale li conosciamo, dal momento che li viviamo sulla pelle.

Chiudo omaggiando i millenaristi, quelli fissati con le profezie, i Maya, gli alieni e il 2012 (Compresa me medesima, ma per quello che mi riguarda è colpa di X-Files):se, per citare Crozza nell'ultimo Ballarò, estremizzando il reimpasto dei conduttori proposto dal PDL, Giacobbo finisse a scrivere gli editoriali del TG1, sicuramente direbbe che la rivolte Maghrebine sono pilotate dall'alto, e per alto intendo proprio alto nel senso di cielo, universo. Insomma, alieni che si preparano il terreno per il 2012, chiaro. Del resto qualche mese fa c'era pure un video che parlava di Nibiru su esplosioni vulcaniche (Il vulcano islandese, do you remember?), crisi economiche (E che ve lo dico a fare!) e popoli in rivolta come prodromi della fine del mondo.

Nota: Non mi sono dimenticata la Libia, e non è che non voglio disturbare Gheddafi come qualcuno. Semplicemente la analizzo a parte nel prossimo post.


ALTRE NOTE:
(¹)Tipo le proteste in Albania che hanno citato in pochi, tipo lo Yemen, e simili
(²)Questo articolo qua, nello specifico: //www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-02-11/perche-rivoluzione-egitto-bene-210125.shtml?uuid=Aa8HKX7C

domenica 13 febbraio 2011

"Se non ora quando", commenti a caldo

(Copincollo il mio commento a caldo sulla manifestazione da Giap, poi con calma tra stasera e domani il post più preciso e approfondito)

«Appena tornata anche io dalla manifestazione. Bella la presenza di facce nuove, famiglie e anziani, in una città piccola dove finora a manifestare c’erano sempre stati solo i centri sociali e gli studenti. Meno belli certi interventi pregni di moralismo che sottolineavano la divisione tra “sante” e “puttane”, tra grandi donne e “donne di strada”, donne perbene e donne “permale”, quasi a buttare la colpa sulle “puttane” e a toglierne un po’ da chi le “puttane” le ha sfruttate. (Tra l’altro, volevo citare la bella risposta di sopra di WM4 nell’intervento che ho fatto, ma ho dovuto stringere perchè l’organizzatrice mi ha cazziata causa lunghezza eccessiva). Belli, quasi che mi hanno commossa, gli anziani con cui ho avuto lunghi discorsi, che ci appoggiavano e si preoccupavano per noi e per il nostro futuro.

Non so se servirà a fare in modo che la dignità, non solo delle donne, ma anche dei lavoratori, degli studenti, dei precari, delle persone pensanti in generale d’ora in poi sia difesa sempre e non solo in occasione di fatti eclatanti del genere. Però, sicuramente, è servito e servirà a dare un po’ di speranza in più a chi ha lottato, lotta e continuerà a lottare.

(Quanto al post-Berlusconi, il problema è che il berlusconismo mentale non si laverà via facilmente, secondo me. E temo che ad approfittare del vuoto di potere possa essere la Lega Nord, che resta forte, e di dover iniziare ad imparare ad imitare il dialetto lombardo per portarmi avanti col lavoro)

Baci. E ancora buona lotta a tutti :-*
»

mercoledì 9 febbraio 2011

13 febbraio, massa critica con gli ombrelli rossi: Noi vogliamo tutto!

(Appello che condivido in pieno e riporto da femminismo a sud)



Se non ora quando? Sempre! Diciamo noi

“Noi vogliamo tutto” è il nostro manifesto/volantino di partecipazione alla manifestazione, sottoscritto dal Comitato per i diritti delle prostitute [leggi il loro comunicato]. Per adesioni scrivere a femminismoasud@inventati.org oppure a ombrellirossi@grrlz.net. Chiunque stia realizzando uno spezzone dagli ombrelli rossi in qualunque città può farlo proprio (a destra potete leggere info sulle città in cui ci saranno spezzoni ribelli, liberi e indecorosi).

Potete scaricare il volantino in pdf per l’appuntamento a Roma dove noi, le femministe e i disertori e le sex workers saremo insieme. Da scaricare anche il logo, il banner per blog e siti, il volantino in .doc da riadattare per altre città.

Appuntamento a Roma, 13 febbraio, ore 14.00, Piazza del Popolo (pagina evento facebook).

>>>^^^<<<

NOI VOGLIAMO TUTTO

Ombrelli rossi per i diritti di tutte le donne


Siamo donne, uomini, femministe, sex workers, disertori del patriarcato.
Viviamo sulla nostra pelle l’assenza di diritti, la precarietà, la mancanza di prospettive.
Vogliamo futuro. Vogliamo respirare. Vogliamo poter scegliere.

Siamo tutt* egualmente consapevoli dell’esistenza di regole economiche che favoriscono i ricchi e massacrano chiunque altr@.

Siamo in vendita.

Sono in vendita le nostre braccia, le nostre vite, la nostra testa, i nostri corpi.
Chi prova ad autodeterminare la propria vita diventa oggetto di repressione. Perché a pochi piace un mondo di soggetti liberi.

Si preferisce invece una società di operai, badanti, schiave, precarie, disoccupati, lavoratrici del sesso, alla mercé del primo manager pronto a cancellare diritti, reddito, casa, lavoro.

Nelle società decadenti, quelle in cui nessuno sa proporre una alternativa, chi ha poca fantasia ottiene potere attraverso iniziative autoritarie.

Perseguitare gli stranieri per fare finta di difendere la sicurezza economica degli italiani.
Perseguitare i gay e le lesbiche per fare finta di difendere il sacro valore della famiglia.
Perseguitare le donne per fare finta di difendere la continuità della specie, per fare finta di difenderne la dignità, il corpo, la vita.
Perseguitare chiunque esprima un libero pensiero per fare finta di difendere i potenti che governano.

Le vittime vengono descritte come carnefici. I carnefici si autodescrivono in quanto vittime.

Le donne lo sanno. Accade ogni giorno. In ogni luogo in cui un uomo uccide una donna mentre i media sono attenti a definirne la nazionalità o a giustificarlo affinché non si sappia che la violenza in famiglia è la prima ragione di morte violenta per tutte le donne.

Accade negli angoli bui in cui sono costrette le sex workers. Relegate nelle periferie fredde e insicure, da ordinanze di sindaci sceriffi armati a salvaguardia del decoro e della moralità. Ed è in quegli angoli che spesso le sex workers perdono la vita, mentre i media ignorano queste morti e nei titoli pronunciano chiara la parola “prostituta” e omettono di specificare che l’assassino è un cliente.

Accade alle straniere, lavoratrici del sesso, badanti, costrette ad obbedire ad un padrone, un uomo o lo Stato, per evitare di essere rinchiuse in un C.I.E.

Noi non ci riconosciamo nelle omissioni, nei moralismi, nelle bugie di chi consegna i nostri corpi autodeterminati allo Stato, alla nazione, in nome di una dignità che nessuno ci riconosce mai quando diciamo che non abbiamo patria, nazione, perché non abbiamo certezze economiche, prospettive di studio, libertà di scelta.

Noi non ci riconosciamo nella chiamata alle armi per una caccia alle streghe animata da misoginia e omertà a protezione dei veri responsabili del disastro italiano.

Non riuscirete a metterci le une contro le altre perché chi usa la guerra tra poveri in qualunque battaglia crea separazione sociale per dare credito a chi su quella separazione specula.

Vale per quelli che istigano la guerra tra stranieri e italiani.
Vale per quelle che istigano la separazione tra donne perbene e donne permale.

Scendiamo in piazza anche per dirvi questo.

Perché noi non vogliamo essere usat*.
Perché noi vogliamo di più.
Perché noi vogliamo tutto.

Femminismo a Sud (http://femminismo-a-sud.noblogs.org)
Comitato per i diritti delle prostitute (http://www.lucciole.org)

Per adesioni: femminismoasud@inventati.org oppure ombrellirossi@grrlz.net

Gaps, nostalgicismo & via discorrendo. (Non ci vuole un altro sessantotto, ci vuole un altro Egitto)


Riflessione in seguito a discussioni varie: i gaps, non solo generazionali, ma anche e soprattutto mentali (Che poi, a ben rifletterci, sono la sovracategoria di quelli generazionali), sono -secondo la sottoscritta IvBi- un fattore da non sottovalutare MAI, scritto a lettere maiuscole, nelle dinamiche dell'attivismo sociale und culturale.
Motivi?

Secondo me, il principale è il sessantotto e i sentimenti che chi l'ha vissuto direttamente o "di striscio" (E anche buona parte di quelli che non l'hanno vissuto-ma-lo-fanno-per-sentito-dire) prova nei confronti di quelli che, genericamente, senza mettermi a fare disquisizioni storiche e stracazzi del genere, chiamerò "Eventi del sessantotto". Sentimenti che in buona parte sono legati al nostalgicismo, e al "revival storico", allo strasentito "Ci vorrebbe un altro sessantotto" (O un altro settantasette, perchè dicono pure quello).

Ora, tralasciando la critica storica del sessantotto (E io personalmente condivido la visione Pasoliniana a riguardo), sono del parere che, allo stato attuale di cose, vista l'evoluzione (O involuzione?) storica, ricreare le premesse che portarono ai movimenti del sessanta e del settanta è o del tutto impossibile o -peggio- possibile e totalmente deleterio.
Non ci vuole un altro sessantotto. Ci vuole un duemilaundici. Duemiladodici. O quello che è. Non ci vuole un altro sessantotto. Ci vuole un pointbreak che fa esplodere il movimento dagli strati più bassi della popolazione. Ci vuole (Purtroppo, aggiungerei) un altro Egitto.

Fritto Misto (Riflessioni accumulate in giorni di nonscrittura, aggiornamenti, cambiamenti ecc ecc ecc)

Dunque. Proviamo ad andare con ordine.

1)Partiamo dalla cosa meno seria. Ho cambiato nome al blog. Da "nitroglicerina aliena" a "Eve B. e la Nitroglicerina". Il motivo fondamentalmente è che non c'ho un cazzo da fare. Quanto a "Per-cosa-sta-Eve-B., se qualcuno se lo fosse chiesto e anche se non frega niente-a-nessuno": Eve è un omaggio triplice. A Eve, una delle mie puntate di X-Files preferite. A Evey Hammond, di V Per Vendetta. E a Eva, che secondo quel bel libro che è la Bibbia, è la prima donna. E, secondo reinterpretazione personale di quel bel libro di cui sopra, la prima rivoluzionaria. (La storia della mela, do you remember?)


La B. Anche la B. è un omaggio. Ma siccome è puntata, ci potete far entrare quello che vi pare: bambola, babbuino, barbiturici, boh ecc ecc ecc.

2)Roba più seria, in ordine. Ho avuto una serie di discussioni che mi hanno portato a riflettere sull'importanza del fattore "gap generazionale" nel movimento, nell'attivismo politico (e culturale) e nella lotta. A brevissimo, in un post a parte, riflessioni a riguardo

3)Altre discussioni, letture e suggestioni varie, con riflessioni annesse (E altro post a brevissimo) sul valore delle icone, sulla società dello spettacolo, su Debord con annessa recente rilettura e via discorrendo.

4)Last but not least. Manifestazione ad Arcore, Egitto, violenza e non violenza, e via discorrendo.

(En passant, spazi pubblicitari sulle iniziative del QE)

giovedì 3 febbraio 2011

«Mostri & Normali» (Primo Capitolo, Anteprima)

(Anteprima del primo capitolo dello pseudoromanzo che ho appena finito. Pubblicata sotto licenza CC Non Commerciale, Non Opere Derivate..)


1.0


Il mio viaggio, come tutti i viaggi, inizia in una stazione, tra gente che non conosco, qualche faccia assonnata, qualche altra arrabbiata o preoccupata, immersa nei mille e mille piccoli ordinari deliri partoriti dalla routine.
E poi c'è anche qualche faccia innamorata: loro si riconoscono dai sorrisi, ma soprattutto dallo sguardo, un po' perso e un po' di sfida, come se gridassero attraverso gli occhi che sono pronti a battersi col mondo, ora.
E sono belli anche se non lo sono, è l'amore a renderli così mi hanno detto, e forse è vero.
Io sono semplicemente curiosa e loro sono quelli che guardo di più, nutrendo con le loro facce, coi loro sguardi e coi loro sorrisi la fame di conoscere quel mondo che finora m'era sempre stato alieno: non mi era mai piaciuto, stare tra la gente. Non mi era mai piaciuto il loro modo di guardarmi, anzi di non-guardarmi, il mio confondermi, mimetizzarmi perfettamente tra di loro. Volevo essere unica. Non lo ero. Volevo un’identità. Non sentivo di averla.
Adesso ho deciso di affrontarli, di guardarli, di conoscerli, come farebbe un etologo con un gruppo di scimmie antropomorfe, o qualcosa del genere.

Gli unici che non guardo mai sono i freak seduti ai margini della strada, a terra, su cartoni pubblicitari di riviste per adolescenti eternamente bagnate, come in una metafora del concetto di antitesi.
Non li guardo, non per qualche forma conscia o inconscia di xenofobia, ma perchè sono quelli che conosco meglio: ho sempre vissuto tra di loro e ho sempre desiderato essere una di loro.
Sono nata 21 anni fa e i medici mi hanno bollata come miracolo: ero l'unica perfettamente sana in una famiglia generata dalle leggi della dominanza genetica e da secoli di incroci tra consanguinei, una famiglia di quelle che nessuno si aspetterebbe di trovare in una tranquilla provincia italiana e soprattutto nel ventunesimo secolo, una specie di versione non cinematografica della famiglia Addams.
Quando il tuo mondo è costellato fin da bambina da nani acondroplasici, focomelici, Elephant Men, quello che hanno chiamato miracolo, la tua normalità, si trasforma in una maledizione: ero io la diversa e non desideravo altro che essere come loro, perdere un braccio, una gamba, o restare perennemente congelata anche da adulta in una statura da bambina.
Io e quelli come me, quelli che la mentalità comune definisce “normali”, eravamo i mostri nel mio mondo.
Ho passato l'infanzia e l'adolescenza a tentare di recidere quelle inutili appendici di carne comunemente note come braccia, guardando con invidia il braccino piccolo e avvizzito che faceva capolino dalla spalla del mio fratellino focomelico, non ci sono mai riuscita, mi hanno sempre fermata in tempo, ma a nulla sono servite le molte settimane della mia vita passate in asettiche stanze d'ospedale o i fiumi di parole degli psicologi che tentavano di convincermi di quanto fossi fortunata per il mio essere nata sana, del dover cercare la mia unicità al di là della forma del mio corpo, e via discorrendo.
Ogni volta riprovavo, mai riuscivo.

Verdun

Ho deciso. Chiamo mia figlia Verdun. E se non avrò figlie, adotterò una molotov e la battezzerò con lo stesso nome. Che tanto è uguale.

Le mirabolanti discussioni con sconosciuti

Riporto un pezzo di una discussione con un tizio che non ho idea di chi sia su Facebook. E' interessante. Anche se non cito tette. O forse si.

Tizio: « credo che uno dei tanti modi del sistema per screditare qualcuno sia proprio farlo diventare di moda,renderlo massificato e banalizzato,e' una tecnica che hanno usato da sempre e che continuano ad usare,le facce dei rivoluzionari sulle magliette che si vendono per teenagers sono unpo dei tanti esempi...»

Me medesima: «Non so se è un modo di screditarlo volontario, ma sicuramente ha come effetto l'identificazione del prodotto artistico con l'artista, l'eccessiva iconizzazione dell'immagine, che è ASSOLUTAMENTE deleteria. I primi due esempi che mi vengono in mente sono Saviano, che è diventato una specie di bandiera, un modo per (citando un articolo che leggevo ieri) "Deresponsabilizzarsi dalla lotta", una specie di scarico dei sensi di colpa che abbiamo un po' tutti perchè la camorra è "colpa" di tutti, e non ci salveremo certo leggendo Saviano. Il secondo esempio che mi viene in mente è Ferretti. CCCP, CSI, PGR. Artisticamente, è pregevole. Come persona, visti gli ultimi risvolti, beh...Però, si tende a svalutarlo anche artisticamente perchè come persona fa cagare.»

Tizio: «facendo un analisi anche superficiale dei personaggi che parlano in un certo modo del sistema si puo'notare che hanno fatto quasi tutti la stessa fine e cioe':gavetta,boom di fama e notorieta',banalizzazione del personaggio ossia scomporre il suo pensiero in tanti frasi fatte e rifatte.Secondo me il sistema se dicesse direttamente che Palaniuk e' un imbecille pochissime persone giustamente gli darebbero credito,allora per smontare la persona occorre x forza banalizzarlo...(ovviamente e' solo il mi pensiero)....Il caso Saviano di sicuro ora rappresenta quello che hai detto tu,ma hai citato un caso molto molto complesso,saviano e' un caso abbastanza particolare..»

Me medesima: «Eh. in linea di massima concordo, il mio unico dubbio è che non sono sicura che la banalizzazione sia "pilotata", o se invece sia solo frutto di un involuzione "naturale"»

Altra tizia: « d'accordo con Alessia. le facce sulle magliette sono una mercificazione di una idolatria che nasce "spontanea" (o pilotata, ma ideologicamente, non certo dal marketing). c'e' richiesta, si crea l'offerta. e anche la banalizzazione e' frutto della moda del momento. Che Guevara negli anni 70 era un must, poi e' diventato una tamarrata, poi un modo per farsi menare, poi una moda, ora un delicato tocco di vintage, per cui gente a caso se lo fa tatuare (bleah).»

Tizio: «non sono d'accordo sulle involuzioni naturali,se c'e' gente che ci governa l'involuzione non puo' essere naturale,per me anche l'involuzione e' pilotata,io lo dico sempre,ci sono due strade:1 quella che viviamo in un mondo sfigato fatto di gente cattiva e strafottente,e sinceramente questa via che e' quella piu percorsa non credo che pportera' a qualcosa se non alla rinuncia di lottare,l'altra via e' quella di identificare quale sia il proprio nemico(nel mio caso i governi e le loro sovra e sottostrutture)inoltre:"le facce sulle magliette sono una mercificazione di una idolatria che nasce spontanea",io mi chiedo: anche questo e' un caso che simultaneamente nella gente si crea la domanda per le magliette di del CHE?O c'e' qualcuno che pompa quei desideri per fari si che venga creata una domanda e di conseguenza un offerta?»

Me medesima: «Trovo banalizzante questo concetto di sistema. E' come scaricare il popolo -scaricarci- da ogni responsabilità di sorta, addossando tutte le colpe, anche le nostre, al concetto astratto di "sistema" e al gruppo indefinito di "governanti". Se il sistema esiste, è perchè è il popolo a sostenerlo. Però, non credo che la lotta sia impraticabile, anzi, sono una fervente sostenitrice della lotta. Lotta che -in questa fase- però, serve solo a modificare i parametri sociali mentali del popolo. Poi, una volta riformati questi parametri sociali mentali, possiamo pensare al tipo di lotta che dicevi anche tu. Altrimenti quel tipo di lotta, secondo me, è sterile. Finiremmo in un circolo vizioso, da cui sarebbe difficile uscire.»

Altra tizia: «la prima. il popolo è stupido. ce ne facciamo una ragione. basta vedere come gira l'Italia. ma "e' colpa del governo" e' la cosa piu' banalizzante che si possa dire a proposito, piu' ancora delle magliette di Che Guevara. il "governo" siamo noi, ci piaccia o meno (e lo dico come anarchica): non e' satana, incorporeo e onnipotente. e' qualcosa che contribuiamo a creare e che possiamo contribuire a distruggee. basta rimboccarsi le maniche. la lotta, mentale o fisica, nasce dalla consapevolezza del potere del singolo nella societa' fatta di singoli, senza "nemici che ci manipolano dall'alto".»

Tizio: «bhe'...che responsabilita' ha un individuo che a 0 anni viene messo in una scuola,e da li in poi seguira' tutto un percorso guidato dalle direttive del potere?Siamo gia' in un circolo vizioso a causa di questa cosa....Il concetto di sistema non e' astratto,il sistema e' formato da ruote e cose ben precise che in un post di facebook mo ci vuole(ritornando alla banalita') e' impossibile descrivere,il tipo di lotta che intendo io non e' fisica(quella viene alla fine)ma culturale,ripeto credo che sia piu indefinito il concetto che l'uomo e' cattivo,che quello di indentificare il nemico che seppur identificato in un gruppo di governanti quel gruppo di governanti non e' astratto.Il concetto di responsabilita' e di colpa collettiva e' un concetto clericale che dal medioevo a mo ha preso largamente piede e fa fatica ad abbandonare le menti delle persone,ma e' molto comodo per i potenti,infatti mentre noi ci impegnamo a capire dove sono le nostre colpe loro si impegano in tutt altre cose a discapito nostro..»

Me medesima: «Concordo solo sulla lotta culturale. (E personalmente non ho mai detto che l'uomo è cattivo, eh, sia chiaro. Non la condivido come cosa). Quanto al resto, ancora una volta, rischiamo di cadere in un circolo vizioso. Faccio un esempio che mi sta particolarmente a cuore ed è assolutamente vicino alla mia filosofia mentale: quello di società dello spettacolo. Secondo te, la società dello spettacolo, esisterebbe, se non esistessero gli spettatori?
Se presupponiamo che la società dello spettacolo ci venga imposta "dai governanti" e "dal sistema", presupponiamo anche che il popolo è facilmente condizionabile, è "stupido" e gode di poco libero arbitrio, quindi, con queste premesse, la lotta diventa utopica.
Se invece presupponiamo che la società dello spettacolo (Ma vale per tutto, ripeto, questo è solo un esempio a me caro), ci è si, imposta dall'alto, ma noi SCEGLIAMO di essere, o non essere spettatori, di essere, o non essere, prodotti commerciali, e quindi abbiamo -con la nostra scelta- una responsabilità nel determinare quel "sistema" di cui si parlava prima, qualche speranza, con la lotta, ce l'abbiamo. Ovviamente, la mia è un'opinione (E proprio per questo mi fa piacere confrontarla con le vostre), lo specifico sempre.»

Tizio: « mi sono posto pure io la stessa questione....posso risponderti solo con ulteriori domande e supposizioni....con chiunque parli si lamenta della tivu,si lamenta del fatto che faccia dei programmi stupidi,che il 90 per cento delle cose sono false lo sanno tutti e se ne lamentano pure,si lamentano anche del fatto che in molti casi la tivu e' di parte,ora dato che tutti si lamentano della tivu,essa continua ad esistere tranquillamente,emette programmi come se nulla fosse,risultato:ci lamentiamo continuamente di una cosa ma ce la subiamo comunque come degli automi,ora da dove deriva l'automismo di fare una cosa che sappiamo essere non solo falsa ma anche dannosa?l'automatismo di una persona sta nell'essere condizionato secondo me,la persona odia la tivu ma paradossalmente le da anche fiducia perche' sa che e' un mezzo attraverso il quale riesce a vedere delle cose(informazione o spettacolo che sia),ormai nella persona e' radicato il concetto della tivu=cose della vita reale.Inoltre gli antichi dicevano che il mondo si erige sul giusto equilibrio tra ying e yang,ossia bianco e nero bene o male.Politicamente parlando il bene come concetto politico lo si identifica nel comunismo,in quanto il comunista e' l'individuo che si preoccupa delle cause sociali e dei lavoratori,e nel male invece si identifica la destra come individui razzisti e intolleranti.Ai tipi di sinistra corrisponderanno una serie di trasmissioni tivu,una serie di gusti musicali,una serie di gusti in altre cose,la stessa cosa sara' a destra,il tipo di destra si identifica con trasmissioni tivu di un certo tipo,di una certa musica ecc..Per intenderci il tipo di sinistra seguira' travaglio e il tipo di destra bruno vespa,entrambi hanno creduto di aver scelto,in realta' si sono autoomologati in valori che ha offerto l'ideale che piu gli era simpatico,ma quell'ideale deriva da un unico potere.In definitiva ti chiedo:Dopo l11 settembre l'america ha intrapreso una guerra nonostante le proteste di milioni di abitanti nel mondo,questo secondo te e' libero arbitrio?Il fatto di andare a votare e dovr scegliere tra un presidente che va a trans e ruba e uno che ruba solo e' libero arbitrio?Il libero arbitrio cosi come la leggenda dei 10 comandamenti di gesu nasce come piacevole intrattenimento mentale...»

Me medesima: «Sei troppo dicotomico, secondo me. Si può anche scegliere di non guardarla la televisione, o di non votare. Oppure, di cercare di rivoluzionare il sistema massmediatico e di rivoluzionare il concetto sociale che sta alla base della politica attuale, che è quello che tento (nel mio piccolo) di fare io. Il libero arbitrio è pure quello. Anche queste sono scelte. E io non mi ritengo più intelligente degli altri, ritengo solo di aver fatto una scelta diversa. E poi, ripeto, se parti dal presupposto che l'uomo sia così facilmente manipolabile, come pretendi di farla, la lotta? E' persa in partenza. Oppure resta solo una lotta di "elitè culturali". Il tipo di lotta che Pasolini (Secondo me a ragione, perchè una lotta del genere è sterile se non addirittura dannosa) condannava nel sessantotto, per capirci.»

Tizio: «il sistema mass mediatico,la comunicazione,e l'arte di comunicare sono cose che si basano su principi specifici della PNL(dovrebbe essere un caso anche che il potere si dota dei migliori psicologi,pscichiatri,curatori di anime),e inoltre il sistema comunicativo e' iprecomplesso,quindi l'uomo non e' facilmente manipolabile,ma si fa manipolare perche' poi di fatto tutte ste scelte che mi hai elencato l'uomo non le fa,al massimo riesce solo a scegliere di non guardare la tivu che e' la cosa piu facile,anzi al giorno d'oggi fa anche abbastanza figo.
" E poi, ripeto, se parti dal presupposto che l'uomo sia così facilmente manipolabile, come pretendi di farla, la lotta?" A questa domanda ti rispondo che sono semplicemente avvilito.»

mercoledì 2 febbraio 2011

«Il femminismo» (Che ultimamente fa ‘na cifra alternative fashion!)

PREMESSA: L’autrice è un sacco femminista. Così tanto che preferisce dire “Mi hai sfracellato le ovaie” a “Mi hai rotto il cazzo”.

TEMA: L’autrice non condivide questa moda del femminismo radical chic alternative che sembra stia prendendo piede come reazione al bunga bunga e compagnia cantante.

SVOLGIMENTO:
Dunque. Ordine cronologico. Qualche giorno fa, navigando sull’amatodiato Faccialibro, mi capita sott’occhio sta roba: “Donne dicono NO. In questa settimana su Facebook: IO SONO!”. Letterale, copincollato. All’inizio non ci faccio caso. Poi, vedo spuntare come funghi, facce più o meno note sulla bacheca. Simone De Beauvoir che condivide i video degli Oasis, la Montessori e Lady D. che condividono i video di Ligabue, Frances Farmer che diventa fan di pagine dai titoli assurdi, Meryl Streep, JK Rowling, Jodie Foster e pure quella simpaticona della Fallaci. Uhm. No, aspetta. Le cose sono due:
A) Sono morta e sono finita in paradiso, nell’harem di Dyo. (Corollario: Meryl Streep, la Rowling, Jodie Foster e tutto il resto, sono morte e non se ne sono mai accorte, tipo Bruce Willis nel “Sesto Senso”)
B) E’ una nuova Facebook-Fashion, o qualcosa del genere.

Siccome il mio corpo è tangibile, respiro, e mi scappa pure la pipì, non sono morta. Credo. Ergo, la B è la soluzione più plausibile. Ricerche più approfondite, e incappo di nuovo nella “roba” di cui sopra. Sembra che la moda del momento sia usare come foto del profilo quella di una donna –secondo loro- storicamente importante, significativa, simbolica per “combattere” la mercificazione della donna ad opera della società dello spettacolo.

Quindi, fatemi capire, per combattere la mercificazione (Per altro volontaria) di determinate signore, ne mercifichiamo altre svuotandole di contenuto e trasformandole in mere bandierine per ragazzine pseudoalternative o per signore radical chic/impegnate di sinistra? Così siamo pari? Della serie, quelle stupide si sono mercificate da loro, quelle intelligenti le mercifichiamo noi? Le svendiamo? Siamo così INCAPACI di lottare da sole, da doverci servire di bandiere? Siamo diventate così vuote da doverci “appropriare” dell’identità di qualcun altro per sentirci orgogliose come donne?

Punto due. Analizziamo la questione “mercificazione”. La mercificazione è figlia della società dello spettacolo. E non è, come molti credono e sostengono, solo femminile. Un Fabrizio Frizzi, un Papi, e persino il vostro amatissimo Saviano, non sono meno mercificati dal sistema massmediatico rispetto a una Canalis a caso. Solo in modo diverso. Qualitativo, non quantitativo. Ergo, la mercificazione volontaria in analisi, è frutto della società dello spettacolo, non del maschilismo. E’ per fama, potere (E last but not least, soldi), che le varie signorine Ruby & compagnia cantante, senza dimenticarci le varie onorevoli, Carfagna in testa, si sono automercificate. Non sono vittime del maschilismo. Sono vittime della società dello spettacolo, dei grandi fratelli, di vallettopoli e dei miraggi di soldi facili. E non hanno alcuna differenza coi concorrenti (maschi) del Grande Fratello o con l’amorevole fratellino di Sarah Scazzi, quello che fa i calendari.

E l’indignazione, pertanto, dovrebbe essere di tutti, non solo femminile e pseudofemminista. Chiudo con una citazione, che leggevo qualche giorno fa, mi pare dai WM: “Tutte le lotte sono la stessa lotta”. Perciò smettiamola di fare i gruppetti “Le femmine indignate” “I maschi indignati” tipo adolescenti. Dovremmo essere INDIVIDUI indignati.

mercoledì 26 gennaio 2011

«Remember, remember, the 14th of December»

Anche stavolta una parafrasi, o una storpiatura, as you like. Si, è “V per Vendetta”. E si, per i più colti (O per i più pignoli/precisini/saccenti/rompicoglioni), è anche la filastrocca che cantano (o recitano?) i bambini inglesi il 5 novembre, giorno in cui si commemora la congiura delle polveri di Guy Fawkes. Niente
digressioni storiche superflue, se vi interessa andatevelo a cercare su Wikipedia.
Veniamo alla storpiatura. 14 dicembre. Per quelli che vivono in mondi paralleli, altri pianeti, o per quelli che soffrono di Alzheimer precoci, il 14 dicembre, oltre ad essere esattamente a dieci giorni di distanza dalla vigilia di Natale con annessi  cenoni , è il giorno in cui è esplosa la rabbia accumulata di una generazione più forte delle camionette dei finanzieri, più dolorosa dei colpi dei manganelli, più strappalacrime dei lacrimogeni. E’ il giorno in cui abbiamo sperato di esserci svegliati dall’isolazionismo e dal nulla della disillusione o –al contrario- dalle illusioni felici made in brainwashing televisiti. Abbiamo sperato di essere più forti di loro, abbiamo sperato in una collettività, in un “noi-popolo” o “noi-giovani” che fosse più forte di “loro”, governo, galoppini del governo, annessi e connessi. Abbiamo sperato di farcela.
Stamattina leggevo un articolo su Carmilla On Line, sul 14 dicembre, per l’appunto. L’articolo chiudeva con “Il punto è che c'è una generazione che non ha più nulla da perdere e adesso incomincia a far paura.”
E’ passato un mese. Poco più di un mese. E che fine abbiamo fatto? Dovevamo far paura agli altri, non a noi stessi.  Pensavo di essere solo io quella con gli attacchi di panico. E invece, ne abbiamo avuto così tanto di panico, di paura, da spegnerci di nuovo, nel nulla o nella disillusione. Che fine hanno fatto quei sogni disperati ed incazzati, quei sogni facilmente incendiabili come l’alcool rosa per pulirsi le ferite?
L’unica idea che mi viene è “Siamo stanchi”. Ma “Siamo stanchi” è una giustificazione, non una risposta pertinente. 
Intanto che ci riflettiamo, prendiamo lezioni dall'Albania e dall'Algeria, che li chiamano paesi-in-via-di-sviluppo, ma sono molto più sviluppati di noi.

«L'amore ai tempi del bunga bunga»

Titolo tra virgolette. E’ una parafrasi. L’originale è una canzone, si chiama “L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici”, che poi ci sarebbe stata bene uguale come tag per questo inizio di secondo-decennio-del-secolo.Ma lasciamo Mirafiori, lasciamo i metalmeccanici tra le (poco) amorevoli braccia di Marchionne e spostiamoci tra le amorevoli braccia di qualcun altro.Le sue, quelle del signor B., sono veramente piene d’amore da dare, soprattutto se hai un paio di tette e meno di vent’anni o giù di lì. Amore. Del resto il signor B. suddetto è il leader del partito dell’amore.Amore, amore, amore.  Dizionario: “Amore: sentimento di affetto vivo, trasporto dell'animo verso una persona o una cosa”.No, non coincide, non mi pare. Soprattutto,  volendo prescindere dalle implicazioni filosofiche e dalle congetture sul “trasporto dell’animo”,  la differenza più importante è che non vengono citati pagamenti, sul dizionario.E ci hanno rubato pure l’amore, prima facendolo diventare uno slogan, poi dandogli il colpo di grazia e cancellando definitivamente dalle nostre teste tutti i ricordi infantili da film Disney a suon di bunga bunga (Ma ve la immaginate Biancaneve ai tempi del Bunga Bunga? O Cenerentola, con Emilio Fede vestito da Fata Madrina?). Innamorarsi non va più di moda. E dopotutto, è meno conveniente. Innamorarsi implica liti, sospiri, pianti, urla, e regali di Natale, San Valentino, anniversari e cazzi vari, che poi magari quando finisce ce ne pentiamo pure. Il bunga bunga, al contrario, è veloce e redditizio economicamente e socialmente, se si punta al potere politico e/o al successo mediatico come vertice sociale, s’intende.Ragazze? Ci siete? Statemi a sentire. Sono una di voi.  Smettetela d’innamorarvi. Che tanto poi, oggi come oggi, non potete nemmeno metter su famiglia, che c’è la crisi e i suddetti licenziamenti, non solo dei metalmeccanici. Datevi al bunga bunga.Ragazzi, mi dispiace per voi. O aspettate che al trono, per discendenza ereditaria, salga la signora Marina B., o ripiegate su Lele Mora. Stavolta vinciamo noi, e non ci si spiega perché le femministe sono incazzate.No. Spiacente. Non ci riesco. Me lo ripeto come un mantra, mentalmente “Bunga bunga bunga bunga bunga”, ma non ci riesco.  Non perché io sia una moralista, che come tutti quelli della mia generazione, il sesso l’ho scoperto in tivù da piccola, l’ho avuto sempre sbattuto in faccia e non mi fa l’impressione che faceva alla generazione dei miei, non è il tabù che era per loro, quanto perchè io, come spero ancora la maggior parte delle persone, sento il bisogno di essere amata e rispettata, e di amare e rispettare, nonostante le crisi, i pianti e i regali che se ti lasci non tornano. E non è morale, è bisogno inconscio di chi ha ancora roba dentro, coscienza, anima, nodoallostomaco, chiamatelo come vi pare.E non facciamocela rubare questa fame d’amore, non facciamocelo togliere, svendere, mercificare. Se poi proprio ci va male, ci resta l’odio. L’odio è un sentimento nobile, altrochè.