(La prima parte è ispirata a roba realmente successa. La seconda parte, potrebbe succedere, se non stiamo attenti)
«Lo sapevate che tutte le grandi civiltà dell'antichità si sono sviluppate vicino all'acqua?»
Gianni il Gufo era l'intellettuale del nostro gruppo, un intellettuale da Bar, sia chiaro, uno di quelli -insomma- che ricordano due o tre cose da qualche documentario incrociato per caso facendo zapping e trovano il modo di infilare quelle due o tre cose in qualunque discussione, comprese quelle calcistiche.
Stavolta, però, la pseudoperla del Gufo, col discorso centrava eccome: era uno di quei frequenti discorsi-amarcord, ci mettevamo a ricordarci a vicenda tutte le mirabolanti avventure di noi cinque – io, Zampa, Pollice, il Gufo e il Corvo – più gli infiniti passeggeri, quelli che stavano con noi per un estate o due e via. Pollice era il più bravo, faceva sembrare fico anche un nascondino idiota, lo trasformava n una storia da film d'azione.
Comunque, in tutti i discorsi di questo tipo, chiunque li raccontasse, c'era un'altra presenza oltre a noi cinque: la fontanella. Probabilmente non si chiamava così, quel posto. Magari aveva un nome altisonante e pomposo, ma per noi era solo la fontanella, con l'acqua da bere e da usare per i gavettoni, le sue due panchine, il muro dietro per giocarci a nascondino e basta.
Ma questo, era prima che arrivassero i marocchini, quegli zulù di merda: quando hanno iniziato a venire alla fontanella ci siamo limitati a studiarci a vicenda, poi una sera, una battuta di qualcuno di noi, o forse una roba detta in arabozulù da uno di loro e scambiata per provocazione da uno di noi, aveva scatenato il caos di sassi, pugni, e bottiglie spaccate. Ci hanno schiacciato e scacciato solo per superiorità numerica, sono in sette, noi in cinque.
Siamo emigrati, abbiamo trovato un'altra fontana, probabilmente più fica, più storica della nostra, ma dannazione, non era la nostra! Da allora è stata guerriglia aperta: raid e conseguenti risse, occhi lividi, labbra gonfie, nocche spaccate, scritte sui muri (Col Gufo che ci correggeva la grammatica), pisciate nelle fontane nemiche eccetera eccetera eccetera.
Qualche sociologo avrebbe definito la nostra guerriglia scontro culturale, ma in realtà di culturale non c'era proprio niente: l'insulto più colto che c'è stato? «Arabi zulù di merda!» «Non siamo arabi, siamo marocchini. E senza gli arabi avreste ancora contato con le lineette» «Fanculo, nemmeno mi piace la matematica!»
Comunque, non bastavano gli arabozulù a rompere il cazzo, adesso ci si sono messi pure i rais dell'acqua: l'altro giorno il solito gufo, in una delle sue solite sessioni di zapping, ha sentito che questi stronzi hanno deciso di togliere di mezzo tutte le fontane pubbliche perchè costano troppo, e riconvertirle in voliere per la vendita di uccelli esotici. Col risultato che, oltre a non avere più il nostro posto, non avremo praticamente più acqua da bere a meno di pagarla a peso d'oro nei supermercati, sorbirci la roba marrone che esce dai rubinetti o berci il piscio.
Ricordo che una decina d'anni fa, quei rompicoglioni sinistroidi coi volantini insistevano con la lotta contro la privatizzazione dell'acqua, ma insomma, a chi è mai fregato un cazzo dei blablabla di quei quattro idioti? Se fossimo stati a sentirli, probabilmente sarebbe stato lo stesso, probabilmente no. Insomma, avremmo avuto qualche speranza in più, almeno.
Adesso, invece, ci tocca farci il culo per tenerci questo posto: non che non ci piacciano gli uccelli, ma insomma, li preferiamo liberi, e poi, cazzo, la fontana è la fontana (E poi i soldi per l'acqua da bere non li abbiamo e il piscio ci fa schifo).
Abbiamo provato a fare qualcosa: scritte sui muri, incatenarci alla fontana, roba così, ma ci siamo presi solo un paio di denunce senza ottenere altro, e adesso ci tocca vedere gli uccelli in gabbia e morire di sete.
La situazione è così critica che il Corvo non beve da due giorni e quando ci siamo visti era così debole da non reggersi in piedi, pensavo che morisse da un momento all'altro. Poi è arrivata la svolta: gli arabozulù sono passati da quelle parti, non avevamo la forza di insultarli come al solito, e quando si sono avvicinati ci siamo limitati a guardarci in cagnesco. Probabilmente volevano romperci il casso, ma quando hanno visto il Corvo semisvenuto hanno fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettato: hanno tirato fuori dalla giacca una bottiglia d'acqua e ce l'hanno data, salvando il Corvo. Praticamente la bottiglia ha fatto da Calumet della pace, dissolvendo i dissapori, lentamente ma efficacemente. E ci siamo resi conto che il nemico, a questo punto della storia, è uno solo: i rais dell'acqua.
«Bella la scritta. Ne abbiamo fatta anche noi una uguale»
«Ma non ha funzionato, immagino.»
«No. Ce la tolgono. Anche la nostra. Cioè, vostra. Cioè, insomma. Vaffanculo nostra e vostra. »
«Finisce che moriamo di sete.»
«Dobbiamo fare qualcosa. Provarci, almeno»
«Avrei un'idea»
L'arabozulù (Non ce la faccio a non chiamarlo così, anche se adesso siamo quasi amici), Samir, guarda la voliera e sghignazza, poi guarda tutti noi altri.
«Aiutatemi»
Ovviamente gli abbiamo sfasciato la gabbia, facendo volare via tutti gli uccelli esotici, e gli abbiamo lasciato una roba, un cartello scritto, una roba tipo, «Se ce li rimettete e non ci ridate le fontane, continuiamo a farlo ad oltranza, stronzi»
Sono liberi, comunque, gli uccelli. E speriamo di diventarlo pure noi, prima o poi.
(Alè & Roberta, con la partecipazione straordinaria di Camillo sulla fine, per Commons Benevento)